'Morì di fame e malato in un lager', Donato Alemanno internato IMI


FRANCESCO GRECO -
Sono passati 80 anni ma la memoria è sempre viva e fertile. E meno male in un contesto in cui prevalgono la damnatio memoriae e il relativismo. E non per caso. Non solo perché “chi dimentica il passato è condannato a riviverlo”, ma anche perché uomini e donne senza memoria sono facilmente dominabili.

Il 19 aprile del 1944 moriva il fante Donato Alemanno da Alessano (Lecce) internato IMI in un campo di concentramento vicino Bonn (Hardtöhe), “solo come un cane, nell’indifferenza assoluta e senza cure, nelle mani dei nazifascisti”, dice oggi la figlia Antonia.

Una delle tante vite spezzate dalla tragedia del nazi-fascismo, della cui rinascita nessuno si accorge visto che si bara con le parole: i nazisti ucraini con le croci uncinate li chiamano “partigiani” e la loro guerra contro la Russia, che per sconfiggerlo ha pagato un prezzo enorme (27 milioni di morti fra militari e civili) addirittura “Resistenza”.

E dunque, la famiglia Alemanno non dimentica, anzi, ricorda a tutti noi indifferenti la tragedia privata e collettiva. “Per soddisfare la loro sete di potere e di onnipotenza, Hitler e Mussolini, con la partecipazione del Giappone, volevano assoggettare il mondo intero”.

L’umile contadino pugliese, dedito al lavoro nei campi e alla famiglia, fu strappato alla sua casa in via Roma a 37 anni come “riservista”. Lasciò tre bambine e un’altra in arrivo, che mai lo conobbe. Non rivide mai più il paese, gli amici, i campi dove si guadagnava la giornata.

Fu mandato a occupare una nazione amica, la Grecia, quindi fatto prigioniero dai nazisti in Jugoslavia, mandato in Germania, internato nello Stalag VI G come IMI (Internati Militari Italiani).

Stessa sorte toccata altri 700mila italiani ai lavori forzati per mantenere la macchina bellica di Hitler. Anche a Donato fu chiesto di arruolarsi nella Wermacht o nella RSI (Repubblica Sociale Italiana). Rifiutò e con altri 50mila IMI pagò la sua scelta con la vita. Per la Storia questa è detta “l’altra Resistenza”.

La figlia Antonia “Tetta” in tutti questi anni ha tenuto viva la memoria. E’ riuscita a trovare le sue spoglie (erano nel cimitero monumentale di Amburgo) e dal 2013 riposano in quello di Alessano, lo stesso dove sono inumati i resti mortali del Venerabile Tonino Bello vescovo di Molfetta, Terlizzi, Giovinazzo, Ruvo di Puglia. 

Nel giorno della memoria, lo scorso 27 gennaio, una pietra d’inciampo è stata collocata nel liceo “Girolamo Comi” di Tricase. “Per noi – conclude Antonia – è importante trasmettere il ricordo del suo sacrificio alle giovani generazioni”. E lo è anche per tutti noi, specie in un momento storico così drammatico in cui ogni lume della ragione pare offuscato e altre tragedie incendiano l’orizzonte.

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