Pensando e ripensando
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano a sazietà, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati despoti. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della libertà, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.
Platone, Repubblica, libro VIII.
Signori e Signore
Non nego che il mio cuore, in questi primi giorni di marzo dell’A.D. 2025, sia invaso da una sorta di non ben definita angoscia, mentre miriadi di pensieri attraversano la mia mente, visioni e memorie, ricordi ed emozioni. Si tratta di un momento difficile della storia umana che invero non è mai stata semplice perché sottoposta a tante prove sin dagli inizi dei tempi remoti di cui poco conosciamo. Certamente oggi vi sono mezzi di comunicazione diversi dai suoni del tamburo o segnali di fumo in uso presso le antiche tribù, strumenti che lasciano affiorare con sempre più veemenza i tanti aspetti dell’essere umano abbastanza inquietanti. Corsi e ricorsi storici, come si legge in Giambattista Vico: l’umanità si evolve e poi, corrompendosi, ritorna allo stato arcaico e selvaggio per riprendere il corso della storia. Oppure, citando Freud, trattasi della coazione a ripetere non essendo stati risolti i conflitti. In ogni modo, la storia dovrebbe procedere per linee di sviluppo circolari con veri punti di incontro: l’evoluzione della coscienza.
È pur vero che non dobbiamo dimenticare mai che nel 1962 il medico e neuroscienziato statunitense P.D. Mac Lean introdusse la teoria dei tre cervelli. Lo scienziato suddivide l’evoluzione del cervello dei vertebrati, a cominciare da quello rettiliano, per poi giungere al cervello limbico e alla neocorteccia. Il cervello rettiliano a me sembra che stia emergendo sempre di più con evidente squilibrio rispetto alle altre strutture con le quali è interconnesso. L’encefalo è sempre uno, questo sia chiaro. Il cervello rettiliano, ereditato dai rettili, presiede ai bisogni primari, alla sopravvivenza, ma forse a causa di una serie di variabili, a cominciare dai messaggi mediatici, dal consumismo, dalla perdita di valori fondamentali, appare sempre più sulla scena della realtà. Si potrebbe forse paragonare all’Inconscio che, con un Io sempre più debole e inerme, finisce per governare la nostra vita. D’altra parte, assistiamo ad episodi efferati: Erica Francesca Poli ci invita a riflettere che il mondo oggi è un posto in cui soddisfare ogni desiderio a tutti i costi. E così il mondo delle emozioni lentamente cede all’istinto puro, al cervello rettiliano comunque utile per la sopravvivenza. La neocorteccia è proprio di noi esseri umani, sede del linguaggio, della creatività e della libertà, dell’intellighenzia che nulla ha a che vedere con la cosiddetta Intelligenza Artificiale. È ovvio che le tre strutture non sono avulse le une dalle altre, ma lentamente, a causa della manipolazione esercitata sugli esseri umani, si notano comportamenti primordiali. Si tratta del terreno fecondo utile a stabilire la mala pianta della tirannia. Come si apprende da Platone.
Ho scritto più volte che tutto quanto sta accadendo è dovuto ad un appiattimento totale della conoscenza come tale, di quella coscienza sempre più flebile, di quella libertà di pensiero costruttivo e creativo sempre più omologato. La cosiddetta pandemia da Covid-19 e dunque la sua gestione hanno facilitato la slatentizzazione degli aspetti più arcaici di noi esseri umani: il preumano nella sua primordialità.
L’uomo è un essere complesso e poco conoscibile, e mi rendo conto che di ciascuno di noi si può fare quello che si vuole perché siamo facilmente plasmabili. Gli ultimi avvenimenti di ordine mondiale ci fanno molto pensare. Migliaia di morti sul campo di battaglia, ognuno con il suo credo in un ideale che certo non ha a che vedere con la preziosità della vita di cui nessuno è padrone, ma con un patto scellerato con la morte. In guerra, sia chiaro, non ci sono mai vinti e vincitori, ma solo vinti, perché ognuno perde pezzi della sua storia. Un mosaico che fatalmente si frantuma, lasciando lacune non colmabili.
Un ageismo subdolo e sottostante poi serpeggia sempre di più fino ad escludere coloro che, per esperienza, sono Maestri e che molto possono insegnare, come pure la crudele questione del “fine vita”, praticamente un “omicidio” legalizzato, contravvenendo a quel chiaro “NON UCCIDERE”. Certo, accompagnare al termine una persona ammalata non è facile, ma ciò che distingue noi esseri umani dagli altri viventi è la cosiddetta “solidarietà” che non lascia l’Altro da solo nella disperazione ma schiude una luce nel buio. E invece forse oggi Sparta e la Rupe Tarpea impallidiscono.
Abbiamo giovani, ma per fortuna non tutti, che sono stati appiattiti da tutta una serie di situazioni e che sembrano asserviti alle logiche del consumismo, delle movide oltre misura: giovani che avrebbero davvero bisogno di una guida. La rete li ingloba, appunto li irretisce, la navigazione in internet non consente di riflettere in autonomia lungo le linee di una ricerca seppur faticosa e pertanto proficua, le relazioni virtuali annientano il corpo che rimane però insormontabile e devastano la corporeità nella sua dimensione globale di corpo-psiche-mente. La disfatta del SE’ con l’illusione di potersi disincarnare e diventare Dio.
La scuola si ritrova fatalmente in difficoltà dinanzi alla palestra dell’asservimento ai poteri dominanti. L’odio, la rivalsa, l’invidia sembrano dominare senza freni inibitori: i Capi di Stato, che dovrebbero essere un esempio di equilibrio, si insultano reciprocamente, umiliano pubblicamente. Quale esempio danno alle Nazioni, alle giovani generazioni, a noi tutti?
La democrazia di Pericle rimane per noi ancora un’utopia eppure Pericle realizzò pienamente la democrazia in Atene e le diede un fondamento teorico. Pericle aveva ben compreso tutto ciò che poi, a distanza di secoli, si legge in una lettera che Einstein invia a Freud: “Una sola risposta si impone: perché l’uomo ha dentro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali la sua passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali; ma è abbastanza facile attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva. Qui, forse, è il nocciolo del complesso di fattori che cerchiamo di districare, un enigma che può essere risolto solo da chi è esperto nella conoscenza degli istinti umani. (omissis) L’esperienza prova che piuttosto la cosiddetta “intellighenzia” cede per prima a queste rovinose suggestioni collettive, poiché l’intellettuale non ha contatto diretto con la rozza realtà, ma la vive attraverso la sua forma riassuntiva più facile, quella della pagina stampata.”
Una sorta di determinismo ci conduce invece alla possibilità di essere liberi senza danneggiare o depredare alcuno: libertà che ci distingue dagli altri esseri viventi. Il gatto non è libero perché segue un istinto, ma l’essere umano può scegliere: questa è la differenza che, insieme al sentirsi solidali, ci rende esseri umani. Né maschi né femmine, né altro, né generi o tanto meno architetture di generi, ma solo esseri umani: Persone. Questo volere a tutti i costi tutto, la predazione di idee, territori e popoli, rimuove il senso del limite, fondamento della democrazia, annienta il senso della misura, delle relazioni umane con l’Altro, con gli Stati, con le idee. I luoghi comuni dominano la mente facilitando l’emergere della mediocrità, del pensiero unico e binario. E così, riprendendo il libro del Vasari, rileggendo le Vite degli Artisti, mi sono chiesta dove sia finita la grande genialità: da Michelangelo a Leonardo, da Fermi a Marconi ai grandi statisti quali Aldo Moro e leader di altri Paesi.
Mi coglie una sorta di disorientamento, ma poi mi sovviene un episodio di alcuni anni addietro quando, aprendo un libro di fotografie in casa di una nota artista negli Stati Uniti, vidi due Capi di Stato, apertamente in conflitto, abbracciati dinanzi ad una torta per una festa di compleanno. Chiesi timidamente spiegazioni. Mi fu risposto: “Ma che pensi tu? Noi le guerre le facciamo fare agli altri.” In quel tempo insegnavo Storia in Istituti superiori e, ovviamente, cominciai a guardare da un’altra prospettiva le tristi umane vicende.
Cosa possiamo pensare di colloqui così delicati dinanzi a reti televisive di tutto il mondo? Il dubbio mi assale mentre muoiono innocenti, le donne vengono violate, le abitazioni distrutte… Un mondo in macerie senza più dialogo. Nel vaso di Pandora rimase solo la Speranza e, cioè, fuor di metafora, che la morte, finanche del pianeta, non abbia l’ultima parola.