Omicidio Di Giacomo, Vassalli in aula: "Ho distrutto la pistola il giorno dopo il delitto"
BARI – Sarebbe stata fatta a pezzi con un flessibile e gettata ai margini della Statale 98 la pistola utilizzata per uccidere il fisioterapista Mauro Di Giacomo, la sera del 18 dicembre 2023, nel quartiere Poggiofranco di Bari. A rivelarlo, nel corso dell’ultima udienza davanti alla Corte d’Assise di Bari, è stato Salvatore Vassalli, operaio 55enne imputato per omicidio pluriaggravato dalla crudeltà, dai futili motivi, dalla minorata difesa della vittima e dalla premeditazione.
Vassalli è detenuto dal maggio scorso, quando fu arrestato al termine di un’indagine rapida ma complessa, culminata nel suo rinvio a giudizio per un delitto che ha scosso profondamente la comunità barese.
La confessione in aula: l’arma distrutta dopo poche ore
Durante l’esame reso in aula, Vassalli ha raccontato con freddezza i momenti successivi all’omicidio. «La mattina del 19 dicembre, ho preso la pistola dalla Hyundai e l’ho fatta a pezzi con un flessibile», ha detto. «Poi ho buttato i pezzi per strada, lungo la statale. Non volevo che la trovassero».
L’arma, infatti, non è mai stata recuperata dagli inquirenti. Un dettaglio che, se confermato, potrebbe rappresentare un tassello cruciale nel processo, ma anche un ostacolo probatorio per la ricostruzione completa del delitto.
Una pistola "trovata" nel 1995
Secondo quanto dichiarato dall’imputato, la pistola non era regolarmente detenuta, a differenza di altre due armi custodite legalmente in casa, in una cassaforte. Vassalli ha raccontato di averla trovata nel 1995, durante alcuni lavori in un rudere nelle campagne di Canosa di Puglia. «Era nascosta in un muretto a secco, insieme a una cinquantina di proiettili», ha spiegato. «Ogni tanto andavo a provarla e a pulirla».
Un’arma, dunque, fuori da ogni tracciabilità, che sarebbe poi diventata lo strumento di un omicidio efferato.
Le accuse e il contesto
L’accusa parla di un omicidio consumato con premeditazione e con modalità che rivelerebbero una particolare ferocia. I motivi, al momento, rimangono oscuri, ma sarebbero legati a tensioni personali tra l’operaio e la vittima. Di Giacomo, 42 anni, era un noto fisioterapista e lavorava in uno studio molto frequentato della città.
Il processo continua
L’aula della Corte d’Assise continuerà ad ascoltare i testimoni e gli esperti nei prossimi giorni. Gli inquirenti, intanto, stanno cercando conferme alle dichiarazioni di Vassalli, con l’analisi delle immagini di videosorveglianza e delle celle telefoniche. Ma senza il ritrovamento dell’arma, il processo si giocherà soprattutto sulla credibilità delle testimonianze e sulla consistenza dei riscontri scientifici.
Il processo, ancora nelle fasi iniziali, si preannuncia lungo e complesso, ma potrebbe portare alla verità su un omicidio che ha lasciato una ferita profonda nella comunità barese.