Altamura, Via Manzoni: l’ennesimo treno perso

GIOVANNI ARPINO - ALTAMURA. Via Alessandro Manzoni finalmente a nuovo. Ben rifatta, ma …. insomma … magari si poteva meglio! Eppure, a vederla nei grafici a colori esaltati sui cartelloni di inizio esecuzione, pareva finalmente il corso minore di un’urbe moderna e sensibile ad un moto di razionalità architettonica che andasse di pari passo ad uno votato a pratica utilità per i suoi principali fruitori, vale a dire i residenti anzitutto, e poi quel resto intero di cittadinanza che tiene sempre bene presenti le rare vie che, in paese, possano essere assimilate al concetto di viale.

Se ne ammirava la visione tecnica complessiva, anche se si temeva il giogo del ritardo comune alla sorte di tutte le opere pubbliche nel Meridione d’Italia. Ma il tamburo battente dei lavori, resi urgenti dalle incombenze legate alla sicurezza, ma pure dalle legittime pressioni dei mercatali del Sabato (da fine 2023, smistati a settimane alterne lungo la parte di via Manzoni non interessata dalla riqualificazione), aveva finito per sorprendere, lasciando salire quasi una gioia della scoperta e facendo sorridere di speranza l’animo della collettività.

Ora che, però, “tutto è pronto”, con l’intero asse suddiviso in due carreggiate - o quasi - per il traffico veicolare e con un impiantito di mezzo adibito ad agio pedonale, sembra che non proprio tutto sia andato per la riga giusta. Ed è la vista d’insieme a chiarirlo subito.

Dall’alto il colpo d’occhio non perdona, non permettendo altro scampo che una delusione a metà: la strada sembra ora come aggiustata - e bene - più che rinata, attoppata – e con arte - più che riformata, sistemata - e con le migliori intenzioni e attenzioni - più che rifiorita.

L’asfalto scuro della sede stradale contrasta vistosamente con quello assai più chiaro e consumato almeno di una parte delle traverse che la incrociano (alcune, come via Monfalcone e via Cuneo, sono spalmate da fresco bitume per intero, dando ragione del principio di concordanza, ma si tratta di una porzione, la buona parte delle altre si ritrova interessata solo fino ad un certo punto o per riquadri), dando la stura ad una impressione di disorientamento cromatico che preme contro l’entusiasmo della novità del prodotto finale.

Ma è la differenza di tono con la bella mattonata centrale che inquieta maggiormente: l’idea di un raggentilimento della pavimentazione sembra infatti trovare come un possente freno, un impedimento ineluttabile nel repentino cambiamento di materiale, e, soprattutto, di senso di quel materiale. Senza contare quell’altro di contrasto, destinato a farsi amaro nel tempo, di quel tratto di via Manzoni dopo quello sul quale si è intervenuti, da piazza Giuseppe De Napoli fino allo sbocco nella circonvallazione, escluso da ogni animosità di restauro, cosicchè sembra che l’intera arteria faccia tanto di opera incompiuta.

A stendersi lungo la principale corsia di riferimento, è infatti un manto tutto sommato ben realizzato, e che, di sicuro, rappresenta un grande favore per gli automobilisti in transito, ma che pure somiglia tanto ad un urto contro i canoni di bellezza e di armonia, se appena si allarghi lo sguardo all’intera superficie della via, alla totalità di quella strada che, per vocazione e non per provocazione di viale, per giunta intitolato al massimo romanziere italiano, avrebbe dovuto incarnare quanto meno uno spirito di uniforme cortesia. Un asfalto, quello, ben spesso, pecioso, duro, solido, il quale, tra l’altro, non nasconde leggere pieghe qua e là, forse dovute a gettate distinte.

Ma a non mancare, come sovente accade nella consuetudine delle arterie delle cittadine italiane, sono anche i tombini, in parte a livello di superficie, in parte non proprio a raso, lasciando così salire l’effetto buca o, comunque, di un leggero sbalzo, lo stesso al quale, da sempre, ogni utente altamurano è naturalmente aduso.

Le panche. Perché ci sono ovviamente, in pietra e sono pure graziose, anzi, sembrano piuttosto un elegante ornamento, quasi piccoli monumenti di arte moderna, per via della loro essenzialità pulita e ben scolpita. Peccato solo che almeno alcune di esse siano prive di spalliera, vale a dire, per chi siede, quella necessaria componente di sicurezza che svolge una precisa funzione quando, a fruirne, sono bambini oppure anziani. Inoltre, alcune occupano l’intero spazio di mezzo tra il marciappiede centrale, per cui è possibile sedersi soltanto da una parte o dall’altra, vale a dire le direzioni in cui si giunge, da su o da giù, essendo tutt’attorno ai rimanenti due lati soltanto terriccio.

Graziose le fioriere a partire dall’altezza dell’incrocio con via Carpentino, ma che dire però dei passaggi molto più avanti, da una banchina all’altra?! Permettendo di non calpestare il terreno delle aiuole dove sta piantumato un certo numero di alberi, vale a dire quel verde di cui il paese tiene sempre un gran bisogno, sono assicurati in continuità fino ad una certa altezza, quella dell’intersezione con via Cuneo, da cui, a scendere, se ne conta appena uno all’inizio. L’unico che si dovrà raggiungere per potere passare da un versante ad un altro, per chi attraversa questo che è l’ultimo segmento prima dell’apertura della piazza.

E l’illuminazione?! Osservando il dovere di stare al progetto, una nuova palificazione punteggia effettivamente l’intero corso centrale della linea viaria, e, anche in questo caso, si palpa qualità, sia dei metalli adoperati, che del disegno, minimale e gradevole alla vista. Senonchè, almeno fa strano che, accanto ai nuovi pali (con luci ancora inattive per ora), rimangano intatti i vecchi, con il riflesso d’una discrasia stilistica che aggiunge peso al dubbio sul complesso, e, in tutta certezza, se non si provvederà ad una sostituzione, con la conseguenza di un evitabile spreco di energia elettrica durante le ore dedicate.

Sensati i percorsi ciclopedonali, o, quanto meno, sensato il fatto che ci si abbia pensato. Perché lungo lo spazio ricavato, intorno al metro e mezzo in larghezza, dove è possibile onestamente l’andirivieni comodo al più di una bicicletta in un verso o nell’altro, sembra che sia da immaginare perfino l’agiatezza di passaggio anche di un pedone, visto che questi è tratteggiato insieme alla bici nella grafica di superficie, con la conseguenza di un risvolto che potrebbe rivelarsi comico o tragico all’atto di decidere la precedenza, o di una grottesca, ilare fila indiana in caso di affollamento della pista. Alle volte, anche evitare torna più saggio che intervenire comunque.

Si è detto della mattonata. Se ne stende appunto una, composta di mattoncini di eguale dimensione e di filarini di breccia che li inframezzano, tra il manto asfaltato e la banchina, in fin dei conti piacevole a vedersi, ma, fin dalla libertà al suo accesso, utilizzata esclusivamente per il parcheggio delle autovetture (e, d’altra parte, è proprio questo l’uso previsto), con la sensazione di una prevedibile usura nel tempo e che necessarie opere di manutenzione potrebbero non farsi attendere.

Infine, l’aspetto più doloroso. In assenza di un qualsiasi animo concreto di progettualità per un’area attrezzata destinata al mercato che sia resa secondo crismi di legge, dove i mercatali del Sabato possano offrire un servigio finalmente all’altezza delle aspettative della comunità, continua a spirare verso di essi il sentore di una irrisolvibile ambiguità, che li costringe ad una alternanza nell’area non riqualificata che divide in due anche l’incasso mensile, con tutte le conseguenze per la salute economica delle rispettive famiglie.

“All’atto del nostro insediamento” - tiene a chiarire l’Assessore preposto al ramo Tommaso Lorusso - “fu ribadito quanto già stabilito dal Commissario Prefettizio, dott.ssa Maria Rita Iaculli, e cioè che, nell’area di via Manzoni destinata alla riqualificazione, gli operatori del mercato non sarebbero più tornati. E’ vero poi che, negli incontri che si ebbero durante la fase dei lavori, i loro rappresentanti avessero sempre premuto per poter tornare lungo tutta l’arteria. Ma l’impossibilità a farlo è sempre stata opposta loro in via categorica. Da parte nostra, è stata perfino offerta una seconda opzione, cioè di spostarsi nel quartiere Trentacapilli, che presenta ampie superfici viarie, fornite di servizi e peraltro con il benestare dei residenti. Ma, di contro, abbiamo registrato un netto rifiuto. Quindi, per ora, la questione rimane sospesa, mentre lavoriamo ad una delibera con la quale cercheremo più ampie intese intorno ad una nuova, possibile soluzione”.

“Il regolamento alla normativa regionale, vale a dire al Codice del Commercio” - dichiara di rimando Savino Montaruli, sindacalista fiduciario dei mercatali - “prevede espressamente, al termine dei lavori,  il ripristino della condizione preesistente. Quindi, per legge, il mercato avrebbe dovuto tornare in via Manzoni, esattamente dove si svolgeva prima che iniziassero le attività di riqualificazione. Dal nostro principale interlocutore istituzionale, hanno invece disatteso e disapplicato questa disposizione, e, senza motivazione alcuna, hanno inibito il ritorno del mercato nei vecchi posteggi. Cosa fattibile, opportuna e che, soprattutto, avrebbe evitato tutte le conflittualità oggi presenti tra coloro che non vogliono la riassegnazione delle postazioni e coloro che invece la vogliono. D’altra parte, da nessuna dichiarazione scritta si ricava che il tratto in questione sarebbe stato poi sottratto all'uso dei mercatali ad intervento terminato. Questa di tornare resterebbe, dunque, la soluzione legittima più gradita. Torno a marcare: la legge regionale prevede espressamente che l’atto con il quale viene stabilito il trasferimento provvisorio, contenga il cronoprogramma delle opere e la precisa indicazione che, alla fine di queste, vengano ripristinate le circostanze originarie. Non una facoltà, ma un obbligo di legge”.

E conclude: “ribadisco la nostra ferma volontà affinchè l’Amministrazione comunale possa ripristinare la situazione precedente. Da parte nostra, in tal caso, abbiamo già garantito che verrebbe meno un buon numero di posteggi da parte di coloro che, in questo lasso di tempo, hanno acquistato un secondo posteggio, che, a questo punto, sono disposti a cessare. Così, a maggior ragione, la nuova formulazione numerica del mercato consentirebbe senza alcun dubbio il ripristino”.

Senza nulla togliere agli sforzi costanti del Comune nel raggiungere la méta di un accordo che sia di pace alla questione, viene comunque spontaneo anche chiedersi come sia possibile che, per la ristrutturazione di via Manzoni, si sia fatto tutto entro i tempi o pochi mesi oltre, mentre, ad esempio per la villa municipale, i ritardi continuino serenamente ad accumularsi nella sostanza di diversi anni rispetto a quello stabilito per la fine dei lavori. Insomma, si leverebbe ad inevitabile quesito se, ad Altamura, perché un’opera pubblica possa essere portata a compimento con normalità, occorra di grazia e di necessità anche la legale pressione di forestieri interessati, come è stato nel caso di via Manzoni. E tanto malgrado, man mano che le operazioni procedevano, si comunicava loro che non avrebbero più potuto far conto dell’area rinnovata, finendo così per innestare un paradosso nel paradosso.

Ripensando sul pensato, forse si è persa una grande occasione per promuovere l’idea di una nuova direzione all’urbanistica cittadina. Forse, è solo definitivamente acclarato come si sia smarrito quel filo di Arianna che avrebbe permesso di dare ragione di un senso compiuto alla rinnovazione di un angolo della realtà urbana più significativa del paesaggio murgiano pugliese. O, forse, più banalmente, è questa soltanto l’ultima delle innumerevoli prove storiche che, ad Altamura, sia fatalmente negato il percorso verso una idea di città secondo canoni europei e moderni, mentre sia assicurato un continuo sviluppo da paese tipico dell’entroterra pugliese. Se, infine, non sorprende che si ripetano errori di un tempo, sale pure vero che, forse, proprio dall’ennesima occasione mancata fatta carne da questa strada, nobilitata dal nome del letterato al quale è dedicata, possa debuttare una riflessione di più ampio respiro, capace di portare alla quiete di necessità primaria un modello di urbanità che non sia più soltanto un ideale da propagandare sotto elezioni, ma una norma calzante ad ogni azione del braccio pubblico.