Ex Ilva, il sindaco di Taranto Bitetti: “Serve un decreto specifico per cambiare la nostra storia”
TARANTO – “Accetto le critiche e le ironie, ma respingo le forzature sul senso delle decisioni assunte”. Con queste parole il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, ha aperto la sua dichiarazione pubblica sulla gestione della vertenza ex Ilva, tracciando un bilancio delle scelte adottate dal suo insediamento lo scorso 17 giugno.
Il primo cittadino ha ricordato che il mandato ricevuto dagli elettori è quello di cambiare la storia di Taranto eliminando nel più breve tempo possibile le principali fonti inquinanti dello stabilimento siderurgico e creando nuove opportunità di sviluppo. Un obiettivo complesso che, ha spiegato, richiede tempo e prudenza, per evitare di ripetere errori del passato, quando la fretta non risolse l’emergenza ambientale e alimentò incertezze occupazionali.
Bitetti ha spiegato di aver espresso parere negativo all’Autorizzazione Integrata Ambientale, di aver avviato un percorso di ascolto con cittadini, associazioni e parti sociali e di non aver firmato l’Accordo interistituzionale di programma perché ritenuto insufficiente rispetto alle aspettative della comunità. Ha precisato che essere in disaccordo con il Governo non significa metterne in discussione funzioni e poteri, aggiungendo che la chiusura dell’Ilva non dipende dalla sola mancata sottoscrizione dell’accordo.
Per il sindaco la svolta passa da un decreto specifico per Taranto, perché “da soli non ce la faremo a cambiare la nostra storia”. Ha ribadito la necessità di tutelare la salute e salvaguardare l’ambiente, proteggere i posti di lavoro offrendo alternative credibili in caso di esuberi, garantire investimenti consistenti in altri settori produttivi e avviare immediatamente la decarbonizzazione, con l’obiettivo di chiudere l’area a caldo entro cinque anni.
“Qualsiasi accordo di programma – ha concluso – dovrà indicare modalità, tempi e strumenti per raggiungere questi obiettivi”, auspicando un confronto serio e costruttivo con il ministro Urso e il Governo.
