La notte delle streghe sotto la Quercia Vallonea di Tricase
MARIO CONTINO* - Nel cuore del Salento, il borgo di Tricase custodisce una leggenda che da secoli si tramanda sottovoce, un racconto di magia e mistero legato alla maestosa Quercia Vallonea, un albero secolare, alto simbolo della Puglia. Con i suoi circa novecento anni di età e una chioma capace di estendersi per quasi settecento metri quadrati, questa quercia ha assistito a epoche, dominazioni e trasformazioni, sopravvivendo al tempo come un testimone silenzioso.
Secondo la tradizione, nelle notti d’estate illuminate dalla luna piena, streghe provenienti da ogni angolo del Salento si riunivano ai piedi del possente tronco. Lì, tra danze ipnotiche e formule arcane, celebravano riti forse legati alla fertilità della terra o alla forza degli astri. Si dice che chi avesse avuto l’audacia di avvicinarsi a quel cerchio segreto avrebbe ricevuto un dono tanto prezioso quanto pericoloso: la capacità di vedere il futuro.
Perché pericoloso? Semplice: il futuro non può essere cambiato dai mortali, e un futuro terribile avrebbe portato il profeta alla pazzia, forse alla morte.
Questa storia non è isolata, non esiste solo nel Salento (che, tra l’altro, narra anche della “noce del mulino a vento”, altro albero sacro legato alle streghe). Leggende simili, che vedono grandi alberi come querce, noci, salici e persino sequoie al centro di raduni magici, sono presenti in molte culture del mondo. In Europa, questi racconti sono spesso reminiscenze di antichi culti pagani legati ai cicli lunari, agli equinozi e ai solstizi, quando la natura e il cielo dettavano i ritmi della vita e la spiritualità era inscindibile dalla terra.
La Quercia Vallonea è inoltre legata ad altri episodi leggendari, come quello che vede Federico II di Svevia trovare riparo, durante un violento temporale, sotto le sue fronde insieme a cento cavalieri, un’immagine che le valse il soprannome di Quercia dei cento cavalieri. Non mancano racconti che la descrivono come un oracolo vivente: le fronde, mosse dal vento, sarebbero state interpretate da sacerdoti e indovini per predire il destino degli uomini. Attualmente potremmo chiamare questi suoni “pareidolie acustiche”, ma un tempo furono interpretati come importantissimi messaggi profetici.
Oggi questa leggenda sopravvive soprattutto nella memoria degli anziani, ultimi custodi di un patrimonio immateriale che rischia di svanire. Molti giovani, distratti dalla frenesia del presente, sembrano aver smarrito il contatto con le proprie radici e con quelle storie che, un tempo, univano l’uomo alla natura e al mistero.
* Lo Scrittore del Mistero
Secondo la tradizione, nelle notti d’estate illuminate dalla luna piena, streghe provenienti da ogni angolo del Salento si riunivano ai piedi del possente tronco. Lì, tra danze ipnotiche e formule arcane, celebravano riti forse legati alla fertilità della terra o alla forza degli astri. Si dice che chi avesse avuto l’audacia di avvicinarsi a quel cerchio segreto avrebbe ricevuto un dono tanto prezioso quanto pericoloso: la capacità di vedere il futuro.
Perché pericoloso? Semplice: il futuro non può essere cambiato dai mortali, e un futuro terribile avrebbe portato il profeta alla pazzia, forse alla morte.
Questa storia non è isolata, non esiste solo nel Salento (che, tra l’altro, narra anche della “noce del mulino a vento”, altro albero sacro legato alle streghe). Leggende simili, che vedono grandi alberi come querce, noci, salici e persino sequoie al centro di raduni magici, sono presenti in molte culture del mondo. In Europa, questi racconti sono spesso reminiscenze di antichi culti pagani legati ai cicli lunari, agli equinozi e ai solstizi, quando la natura e il cielo dettavano i ritmi della vita e la spiritualità era inscindibile dalla terra.
La Quercia Vallonea è inoltre legata ad altri episodi leggendari, come quello che vede Federico II di Svevia trovare riparo, durante un violento temporale, sotto le sue fronde insieme a cento cavalieri, un’immagine che le valse il soprannome di Quercia dei cento cavalieri. Non mancano racconti che la descrivono come un oracolo vivente: le fronde, mosse dal vento, sarebbero state interpretate da sacerdoti e indovini per predire il destino degli uomini. Attualmente potremmo chiamare questi suoni “pareidolie acustiche”, ma un tempo furono interpretati come importantissimi messaggi profetici.
Oggi questa leggenda sopravvive soprattutto nella memoria degli anziani, ultimi custodi di un patrimonio immateriale che rischia di svanire. Molti giovani, distratti dalla frenesia del presente, sembrano aver smarrito il contatto con le proprie radici e con quelle storie che, un tempo, univano l’uomo alla natura e al mistero.
* Lo Scrittore del Mistero
