Stona, 'Ci faremo bastare i ricordi' è il nuovo album: ''Un manifesto emotivo di quello che ci circonda''

S'intitola ''Ci faremo bastare i ricordi'' (Pirames), il nuovo album di Stona, cantautore che trasforma storie intense di vita vissuta in canzoni che lasciano il segno. 

“Ci faremo bastare i ricordi” è uno sguardo sul presente, dalla crisi sociale alla libertà individuale, passando per la fragilità umana. Storie di redenzione e rinascita, dalla realtà carceraria alla sorprendente vicenda di Gaspare Mutolo. L’album, prodotto da Lorenzo Morra, è caratterizzato da un sound ricercato e intenso, suddiviso tra ballad intime, riff incisivi e sperimentazioni strumentali. Questo progetto è un evidente tentativo del cantautore di codificare il mondo attuale attraverso le molteplici sfaccettature della realtà quotidiana. 

L’artwork della cover è opera di Spencer Robens, artista grafico tedesco che vanta collaborazioni e grafiche su lavori di artisti come Led Zeppelin e Deep Purple.

Stona, già prodotto da Guido Guglielminetti, storico bassista e produttore di Francesco De Gregori, viene più volte premiato in vari festival nazionali legati alla nuova canzone d’autore; ha pubblicato album e singoli dal 2005 ma è l’incontro con Guglielminetti a dare una svolta importante alla sua attivita’ artistica. Con lui pubblica “Storia di un equilibrista” (@Volume!, 2018) ed “E uscimmo infine a riveder le stelle” (@PSR Factory, 2022), lavori contenenti rispettivamente i due fortunati singoli Santa Pazienza e Io sono Marco che lo fanno conoscere al pubblico e alla critica. “Ci faremo bastare i ricordi” definisce artisticamente Stona come un cantautore con lo sguardo rivolto al futuro ma con radici solide tra rock, pop e canzone d’autore.

“Ci faremo bastare i ricordi” è un titolo che sembra un manifesto, da dove nasce questa frase e perché hai scelto di farla diventare il cuore del tuo nuovo album?

Il titolo, dal mio punto di vista, rappresenta la situazione attuale che stiamo vivendo, fra guerre, crisi sociale ed esistenziale, bullismo e femminicidi. Tutta questa violenza ha toccato picchi che non ci aspettavamo e il mondo ci sta presentando un conto molto salato, anche dal punto di vista di crisi ambientale… Ed ecco che arriva questo titolo che corrisponde a un manifesto emotivo di quello che ci circonda in questo momento.


 C’è un brano della tracklist a cui sei particolarmente legato o che rappresenta meglio lo spirito dell’album?
Penso la canzone che ha dato vita all’intero progetto, “Uragani”, pubblicata come singolo prima dell’album. Essa contiene riferimenti e riflessioni che fanno parte della struttura cardine di tutto il resto del disco.

 L’album spazia da ballad intime a riff più decisi, come hai lavorato sul sound insieme a Lorenzo Morra?
Lorenzo ha prodotto artisticamente l’intero album ed è stata una sorta di sfida sviluppare un confronto fra la mia e la sua visione musicale, ovvero accostare ai miei brani certe sonorità più indie e lofi. È stato importante poi il lavoro fatto quasi a fine registrazioni, per impostare una scaletta, scegliere i titoli definitivi e decidere quali canzoni fossero dentro o fuori.

 Qual è stata la sfida più grande nel dare coerenza a temi così diversi, dalla crisi sociale alla libertà individuale?
Volevo descrivere il più vividamente possibile certe situazioni e certi personaggi, la sacralità, il sangue versato e la redenzione… Volevo che tutto avesse una sorta di “visione cinematografica”. “Asparinu” ne è un esempio, dove poi Lorenzo è riuscito a creare un vestito perfetto per il testo.




 La copertina è firmata da Spencer Robens, artista che ha lavorato con mostri sacri come Led Zeppelin e Deep Purple, come è nata questa collaborazione?
Direi causalmente, scoprendo sul web alcuni suoi lavori. La sua visione rispecchiava perfettamente quello che avevo in mente in termini di analogico e vintage, per cui l’ho contattato ed è nata una bella collaborazione di cui vado fiero visti i grandi con cui ha lavorato… Per me è un onore.

 C’è un insegnamento, che maggiormente ti ha colpito lavorando con Guido Guglielminetti?
Sicuramente la serietà con cui va affrontato questo mestiere e la difficoltà di mettersi a nudo, esplorarsi a fondo per tirare fuori altre storie e capire che connessione si ha con i personaggi delle tue canzoni. Un altro grande insegnamento è quello di saper togliere; a volte bisogna anche saper abbassare la voce per mettere in evidenza qualcosa.

 Sei stato premiato più volte nei festival dedicati alla canzone d’autore: cosa significa per te oggi portare avanti questo genere, tra pop, rock e cantautorato?
Siamo rimasti forse in pochi a farlo davvero. Io non so quale sarà il futuro del nostro cantautorato ma purtroppo certi aspetti del settore musicale degli ultimi 15 o 20 anni hanno portato alla tragica situazione attuale in termini di qualità, serietà e impegno.

Oggi ci faremo bastare i ricordi, ma tu come immagini il futuro della musica e del tuo percorso?
Vedo il mio percorso in maniera chiara, continuerò sempre a cantare e raccontare quello che vedo intorno a me, con la stessa onestà di sempre. Il mio obbiettivo non è, e non sarà mai solo quello di raggiungere la vetta di una classifica ma quella di restare me stesso con le mie canzoni. La musica è in continuo cambiamento, fa parte del gioco ed è una sua caratteristica. È il suo DNA quello di essere mutevole, scomoda, politica, di massa, leggera o impegnata, siamo noi a doverci adeguare e saper restare al passo.