In attesa del 19 ottobre: celebrazione del genetliaco di Pino Pascali
Premiazione e contesto
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Mercoledì 11 settembre 2019, alle ore 17.00, presso l’Aula Magna “Aldo Cossu” del Palazzo Ateneo dell’Università degli Studi di Bari, il Centre Culturel du Monde Byzantin di Tirana ha consegnato una targa premio al filmato “Pino Pascali – L’anima mia che con la morte parla”, a cura di chi scrive e di Angela Campanella, con testi tratti dal mio volume scritto con la collaborazione di V. Bonomo “Pino Pascali – Io sono un bambino selvaggio” (Fides Edizioni, Bari, 2018).
Il video ha meritato il prestigioso premio perché raccoglie immagini del Videoarchivio dell’Associazione Incontri - TPE girate nel 1982 nella casa della famiglia Pascali, con oggetti privati, bozzetti e opere dell’artista, e in considerazione dell’attenzione da noi mostrata sin dagli anni Ottanta alla vita e all’opera di un grande artista mediterraneo, vissuto, nella primissima infanzia, nella capitale albanese.
Nel suo cuore era rimasta l’ombra crudele della guerra, e a volte sono proprio le arti, o il giocare con le arti, che facilitano l’elaborazione di ancestrali angosce di morte. La storia va rispettata e non a caso si acclude alla presente testimonianza di Filippo Favale, allora Presidente del Centro Ricerche Storico-Artistiche Speleo-Archeologiche di Polignano, pubblicata nel libretto contenente un monologo di Pascali da me inventato, con la collaborazione di V. Bonomo, pubblicato nel 1983 dopo essere stato trasmesso in RAI.
Ricordo che l’idea della targa da affiggere al muro della casa di Pascali a Bari è stata di chi scrive, di Angela Campanella, e richiesta al Comune di Bari dall’Associazione culturale Incontri, presieduta da Giancarlo Liuzzi. Fu Favale a organizzare il Premio Pascali e a dedicare all’artista prematuramente scomparso una piccola ma significativa Galleria a Polignano. Si ribadisce che Pascali è nato a Bari; tutto il resto, meritevole senza dubbio, è venuto dopo. Non meritevole è la damnatio memoriae.
Pino Pascali, l’artista dell’oltre e dell’altrove
In Terra di Puglia gli artisti sono sempre stati di scena tra luci e ombre, tra profumi ed aromi, sensazioni e percezioni, memorie e ricordi. Hanno sempre trovato la possibilità di portare, maieuticamente, alla luce della consapevolezza segni e suoni, immagini e musiche, gestualità e parole che dai consumati e stereotipati livelli di una consueta comunicazione finiscono fortunatamente per non avere più nulla.
Tra gli artisti di questa Terra, forte della sua fragilità costruita sulla roccia scavata dal mare, sicuramente va considerato con attenzione particolare Pino Pascali, nato a Bari il 19 ottobre 1935 alle ore 16, mentre «il sole tingeva di rosso le pianure, le scogliere e le contrade».
Le manifestazioni organizzate in suo nome, ormai da anni, testimoniano la sua opera, la cui rivisitazione critica difficilmente terminerà di stupire. È evidente il contributo di Melanie Klein alla riflessione sulla genesi dell’arte e sul processo creativo, mentre Hanna Segal osserva che «con la scoperta del complesso edipico primitivo del bambino, la Klein ha svelato nel bambino tutto un mondo nuovo di fantasie e angosce complesse e proliferanti, legate al corpo della madre».
È all’interno di tale “ri-creazione” che l’artista scopre nuove parti di sé, trova l’inedito e partecipa alla creazione del nuovo, come afferma Winnicott. Tramite gli strumenti dell’arte e il processo creativo, l’artista può incontrare le parti più lontane e sconosciute di sé, spesso proiettate massivamente sull’Altro-da-sé. Valicando il visibile e il percepibile, ritrova il sentimento dell’integrità e l’origine della conoscenza, all’interno di una assoluta atemporalità .
La scissione e la creativitÃ
La scissione abita la natura umana, in particolare la cultura occidentale, frantumata fra le rovine della sua avidità . Nella seconda metà del Novecento, dopo la rivoluzione della fotografia e l’invenzione dei miti del cinema, gli artisti hanno difensivamente adottato strutture minimali, metaforizzando forse grandi scoperte scientifiche come l’Atomo o il DNA.
Si tratta di una negazione difensiva delle emozioni che, precludendo esperienze mutative, interrompe il sogno di Ulisse. La mente, invece, è plasmata dalle emozioni: la mente è emozione. Fin dalla vita embrionale, il bambino condivide immaginario, sensazioni e pensieri più reconditi della madre.
Dalle strutture minimali all’eccessivo avvicinamento all’oggetto, fino a perdersi nell’oggetto stesso, collusivamente confondendosi con l’Altro, l’artista cerca l’emozione perduta: toccare ed essere toccati, percepire ed essere percepiti, vedere ed essere visti. La rieducazione dello sguardo passa attraverso la rieducazione del modo di sentire e conoscere se stessi tramite il mondo circostante.
Non a caso l’artista percepisce i minimi cambiamenti del suo essere corporeo, si avvicina e si allontana dalla tela come danzando con pennello e corpo, per osservare a giusta distanza l’opera e la propria identità . La cornice «aiuta a distinguere l’illusione dall’inganno» (Milner). Il musicista ascolta tutto quanto dovrà comunicare: è il “corpo vissuto” di Merleau-Ponty che permea la quotidianità .
Natura, Madre e Arte
Oggi la percezione originaria del mondo è perduta. Spesso la Natura-Madre è espropriata, posseduta e sfruttata, senza percepire dolore. Wright scrive: «La madre è il primo oggetto... il rapporto del bambino con la madre è simile al rapporto degli abitanti della Terra con il pianeta».
L’arte di Pascali reintegra la libertà con la ragione, senza renderla prigioniera, e rappresenta un’area transizionale dove tollerare la perdita e saldare interno ed esterno. La creatività è il processo dinamico che consente di trovare l’inedito, mantenendo continuità nonostante il lutto e la separazione.
L’elemento ludico e la quotidianitÃ
In un’epoca dominata dai social, l’arte di Pascali reinventa il gioco creativo come momento di “salvezza” nella quotidianità . Il gioco rende la realtà ricca di originalità , imprevedibilità e inenarrabilità .
Il mare, tema dominante della sua vita, rappresenta il ritorno all’originario e al materno, al linguaggio-corpo. Pascali amava ripetere:
«A me piaceva il mare, mi piaceva ancora, a me piacevano gli scogli. Intorno agli scogli c’era il mare, da bambino ci giocavo, sono nato dove c’era il mare».
Il suo volto permane nella memoria mentre osserva il mare di Bari e di Polignano dalle onde sempre incompiute, come la sua arte.
Monologo e intervista immaginaria
Dal monologo “Io sono un bambino selvaggio”
«Ma sì, ero una creatura della mia terra, meridionale fino all'osso... desideravo, desideravo... Mi osservavo allo specchio. Forse ero un po’ narcisista. (risata) Narciso morì di niente... Io sono morto di niente! Sono appena all’inizio... non voglio consensi... ero contro tutto ciò che appariva definito. Ero un bambino selvaggio. (risata)»
Dall’intervista immaginaria
«Sì... sono sempre io, Pino detto “il bambino selvaggio”, come scritto nel monologo immaginario. Ho cambiato tutto: pelle, luogo, anima, dopo aver visto il mio corpo lì sulla strada a Muro Torto. Non so se esisto o non esisto, un po’ come le mie creature fantastiche e decapitate. Dove è la loro anima? Dove è la mia?»



