San Giovanni Rotondo, Erika suona la campanella: la fine della malattia e l’inizio di una nuova vita


Dopo tre anni di cure contro il linfoma di Hodgkin, la 19enne di Foggia celebra la guarigione al reparto di oncoematologia pediatrica di Casa Sollievo della Sofferenza.

San Giovanni Rotondo – È tornata alla vita dopo tre anni di sofferenza e cure, e come altri prima di lei, Erika, 19 anni di Foggia, ha suonato la campanella installata nel 2021 nel reparto di oncoematologia pediatrica dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Un gesto simbolico che segna la fine della malattia e l’inizio di una nuova vita.

La storia di Erika ha inizio tre anni fa, a 16 anni, quando dolori molto forti alla gamba la portarono in pronto soccorso all’ospedale di San Pio. Dopo una prima diagnosi, i medici la indirizzarono all’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna. Una biopsia effettuata presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna confermò la diagnosi: linfoma di Hodgkin, un tumore del sistema linfatico.

Erika fu presa in carico dal reparto di oncoematologia pediatrica dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, l’unica struttura in provincia di Foggia attrezzata per la cura di patologie del sangue in età pediatrica. Seguì un percorso complesso fatto di cicli di chemioterapia, recidiva, ulteriori cicli di chemio e immunoterapia fino al trapianto autologo di cellule staminali. Il percorso si è concluso ieri con il suono della campanella.

“È un gesto semplice ma importante. Segna l’inizio di una nuova vita – racconta Erika all’ANSA –. È stato un percorso duro, affrontato grazie alla mia famiglia, agli insegnanti, alle associazioni e soprattutto all’amore e alle cure di tutto il personale sanitario. Porterò con me tutto quello che ho imparato”.

La direttrice del reparto, Anita Spirito, sottolinea il valore simbolico della campanella: “È un atto importante che mette fine a un lungo percorso affrontato dai nostri pazienti fino alla remissione e guarigione”. La campanella fu benedetta poco prima del Natale 2021 grazie all’iniziativa di una mamma del reparto, che sperava un giorno di vederla suonare dalla propria bambina.