Santuario della Madonna del Buoncammino. Dimora santa da onorare, dentro e fuori
ROBERTO BERLOCO - ALTAMURA. E’ l’unico santuario mariano nel territorio altamurano. In realtà , è addirittura l’unico santuario che possa definirsi tale, per titolo, anzitutto, e per fisionomia, in forza della sua struttura e della sua allocazione, distante abbastanza dal centro cittadino per poter assolvere a quella funzione d’appartamento per l’anima che è tipica di luoghi del genere.
L’unico santuario tra una nutrita quantità di parrocchie, alle quali corrispondono chiese antiche e moderne, come pure di cappelle, pubbliche e private, queste ultime spesso nella padronanza di resti di famiglie patrizie locali.
Un posto speciale dello spirito cristiano che, pure ad Altamura, soffia da secoli e secoli, modellando costumi, plasmando umane relazioni, informando le sensibilità a buon senno, ispirando verso buone azioni e virtuose intraprendenze.
Un sito unico, particolarmente caro alle masse di anime pie, cristiani coscienti, e, ovviamente, di devoti alla Madonna del Buoncammino, un numero considerevole di uomini e di donne che, sempre più, non sono solamente di cittadinanza altamurana.
Da qui, nel corso della terza Domenica d’Agosto, si adunano folle oranti, che accompagneranno l’andata della Madonna verso il paese, e, sempre qui, a distanza di un mese, le stesse fanno ritorno insieme a questa particolare Madre di Dio che tiene in missione di proteggere il Cammino della comunità verso il suo Divin Figliuolo.
Un’area, quella del santuario, vien da sé, meritevole dunque di un rispetto superiore, concreto, assoluto.
Neppiù nemmeno che un’equazione necessaria, doverosa, inevitabile: tenere a cuore la Madonna del Buoncammino, significa tenere a cuore anche la Sua dimora. Significa onorarla, con adeguati comportamenti e atti che siano dimostrazione incontrovertibile di deferenza.
Tutto sommato una percezione, questa, comune anche a chi non abbia pratica di fede o di vivi sentimenti religiosi, foss’anche si tratti di una maggioranza di fatto tra la popolazione. E non è una percezione da poco, se poi diventa vero che la gran parte di chi si trovi a frequentare gli spazi immediatamente esterni al santo edifizio, segua una sincera condotta di attenzioni, ad esempio nel manovrare e parcheggiare con l’automobile, oppure nel praticare attività sportiva tra i suoi paraggi.
Ma, come di regola in tutte le vicende in cui sia interessata l’umanità dei luoghi, ad una maggioranza corrisponde una minoranza che le si oppone anche negli atteggiamenti che si dovrebbero tenere e in quelli che si dovrebbero evitare.
Così, a chiunque porga sguardo, non sfuggirà il primo elemento di anomalia, come se, ascoltando una meravigliosa sinfonia, si udisse una voce stonata, e, per giunta, neanche fuori dal coro. Proprio di fronte all’antico santuario, il muro di contenimento che, in quel tratto, fa da confine di lato alla Provinciale che costeggia una delle sue pareti esterne, esibisce scritte a caratteri cubitali ottenute con spray blu e abusivi manifesti pubblicitari. Sempre lungo questo divisorio, malgrado un chiaro divieto di sosta e di fermata che copre una lunghezza corrispondente all’area d’ingresso sino al lembo finale della muratura del santuario che si affaccia sulla strada, non è raro scorgere automobili parcheggiate in barba ad ogni forma di stima per la santità del sito.
Di tanto in tanto, come in ottemperanza ad un rituale dalle tradizioni radicate, lo sfregio alla sacralità dell’area persevera anche all’interno del recinto dedicato espressamente al parcheggio. E, per giunta, i punti più bersagliati sono proprio quelli che guardano in fronte alla facciata del tempio mariano. Da quel ritaglio di mattonata, riservato alla memoria di alcuni ragazzi altamurani deceduti a causa di un incidente automobilistico, fino ai giardini che incorniciano lo spazio antistante lo stesso nuovo santuario, quello che sta a poche decine di metri dallo storico impianto originario.
L’ultimo episodio in ordine di tempo, ma solamente tra quelli che hanno trovato la foce di una denunzia visibile, quello registrato dal Rettore del santuario in persona, Padre Giacomo Paris, una mattina a metà del Giugno scorso: all’interno dell’area a parcheggio, lungo il limitare delle aiuole che abbelliscono l’esterno, i rifiuti di una cena a base di pizza e birra stavano sparpagliati sul terriccio, quasi a volere che, oltre all’offesa alla sacralità dei luoghi, non mancasse l’oltraggio di ricordarlo alla luce del giorno dopo.
Con la circostanza di rare e puntuali eccezioni, l’alone di generale indifferenza che fa da sfondo a gesti del genere non aiuta né a prevenirli, né ad impedirne la ripetizione.
E, se è vero che, ad occhio umano e nonostante tutta la fede possibile, non sia dato di calcolare la sofferenza ingenerata nella figura spirituale che qui tiene residenza, quella Madonna tanto invocata per aiuto o all’insorgenza di improvvisi pericoli, lo è altrettanto che non si possa ignorare quanto, dall’intera comunità , quel luogo possieda un incontrovertibile significato, uno di sicuro non assimilabile all’ordinarietà di qualunque altro fuori paese.
La speranza che il domani, incarnato dalle generazioni che ancora debbono sorgere, porti nuovo e più saggio consiglio, è tutto ciò che rimane. La sensazione che la Madonna abbia già perdonato, quanto fa da contorno. La certezza che vi si torni presto a scrivere, un tozzo di granito per ora inscalfibile.
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