Presicce-Acquarica, “Tradizione e mistero”: la Focaredda di Sant’Andrea


FRANCESCO GRECO
- Antico proverbio di Terra d’Otranto: “De Santu ‘Ndrea / li pariti drafaddea” (A Sant’Andrea, arriva il freddo). Infatti le temperature si sono abbassate. Andiamo verso dicembre, il mese del freddo, dopo novembre, quello delle piogge. La Natura ha ritmi circadiani praticamente perfetti.

Sant’Andrea è il protettore di Presicce, sud Salento, “capitale” dell’olio e dei frantoi ipogei, preziosa risorsa turistica, valorizzata dalla Pro Loco (Angela Ponzo e company). È assiso su una colonna nella graziosa piazzetta davanti alla chiesa omonima.

Ogni anno la festa, la fiera e la “Focaredda” (falò) richiamano migliaia di visitatori. Ma Presicce è anche il paese della goliardia e degli attributi: la memoria popolare racconta che un giovane furese (contadino), nel tardo Medioevo, ammazzò con l’archibugio un principe che voleva sostituirlo nel letto la prima notte di nozze con la bella fanciulla che aveva appena sposato e che a Carnevale se ne stava tutto tronfio affacciato al balcone del suo sontuoso palazzo. Non è difficile immaginare una calda standing ovation di tutti i ragazzi delle contrade, a cui ci associamo come posteri.

Questo per introdurre il “fattaccio” (ben raccontato dalla pagina Facebook della Focaredda): giorni fa, nottetempo, forse qualche ragazzo della generazione Z insonne o un adulto annoiato ha dato fuoco alla catasta di legna, tralci e ramaglie accumulata.

Ma a Presicce-Acquarica sono, come si dice, resilienti, un popolo fiero e orgoglioso. Dopo un primo smarrimento, passandosi voce sui social e su WhatsApp, portando chi una vecchia pedana di legno, chi balle di paglia, chi un mobile tarlato, chi legna da rimonda, la “Focaredda” è stata ricomposta e sarà accesa stasera a scacciare le ombre dell’inverno e tutte le paure che si muovono fuori e dentro di noi.

Ogni popolo, etnia, cultura, civiltà di ogni tempo e continente affolla di semantica il fuoco.

Ne parliamo con la psicologa e psicoterapeuta Anna Colavita (mamma di Iris, moglie del regista Massimo Fersini), che ha seguito tutte le fasi.

Cos’è successo esattamente?
“Nella notte del 27 novembre, un evento carico di significato e tradizione è stato drammaticamente interrotto dalla distruzione. La Focaredda, una celebrazione tipica legata al culto di Sant’Andrea, ha visto un atto vile e inconsueto: uno o più soggetti ignoti hanno dato fuoco al carrarmato realizzato dal Comitato. Questo gesto ha sollevato preoccupazioni e interrogativi all’interno della comunità. Vicino ai resti anneriti è stato trovato uno striscione con la scritta ‘W Sant’Andrea’.”

Un messaggio ambiguo: se sono devoti al Santo, perché dar fuoco al carrarmato pacifista?
“Infatti il messaggio solleva interrogativi: si tratta di un atto di protesta contro le tradizioni locali, o un gesto che intende richiamare l’attenzione sull’importanza di Sant’Andrea nella comunità? Le autorità stanno indagando cercando di determinare il movimento e l’identità dei responsabili.”

Come interpretare questo vandalismo?
“L’incendio può essere interpretato come un segnale di tensioni sociali o emotive. L’attacco a un evento culturale come questo potrebbe essere il risultato di frustrazioni più profonde all’interno della comunità. Questi atti di vandalismo possono manifestare sentimenti di esclusione, disaccordo con le tradizioni o una mancanza di appartenenza.

Ma la comunità ha reagito attivando il sistema motivazionale della cooperazione. Questo tipo di risposta è fondamentale per affrontare eventi traumatici e per rafforzare i legami sociali. Iniziative come la fiaccolata dei bambini (proposta e organizzata da alcune mamme), dove ogni bambino ha portato una fascina di legna, aprono uno spazio per insegnare a loro a reagire a un evento distruttivo canalizzando le proprie energie per costruire/ricostruire e non per distruggere.

Paradossalmente, la distruzione della Focaredda sta dando ancora più forza al messaggio che con la costruzione del carrarmato uomini, donne, giovani e bambini vogliono mandare: siamo contrari a ogni forma di violenza; siamo per il rispetto dei più fragili; siamo per la costruzione e la ricostruzione, prendendo le distanze dalla forma distruttiva per eccellenza, ovvero le guerre.

Tutte queste iniziative non solo hanno aiutato la comunità a riparare i danni materiali, ma hanno contribuito a guarire le ferite emotive e a ricostruire il senso di appartenenza. La partecipazione attiva di tutti ha trasformato un momento di crisi in un’opportunità per rafforzare la comunità.”

Torniamo alla mattina dopo: come ha reagito la cittadinanza adulta?
“Per noi del Comitato Focaredda di S. Andrea è stato un momento triste e inaspettato. Erano le 6 del mattino, eravamo in tre o quattro e non nascondo che ci è scappata qualche lacrima.

Avevamo deciso di annullare tutto, ma significava tirare una linea che avrebbe segnato il confine tra tutto quello che avevamo fatto e quello che non avremmo più fatto. Quando si è svegliata la comunità è stato come se improvvisamente si fosse scoperchiato un fermento che forse c’era anche prima, ma che con questo gesto si è amplificato.”

Immaginiamo tradotto in azioni concrete…
“In poco più di due ore siamo stati investiti dall’onda della resilienza, un’onda che ci ha aiutato a ricostruire ciò che avevamo fatto in due mesi. Quest’onda è fatta di persone, di tanti giovani, di associazioni, volontari, aziende, dei Comuni limitrofi che, appresa la notizia, hanno deciso di aiutarci.

Un grazie a tutti, ma in particolare alle associazioni gemelle di Galatone, Specchia, Lizzanello, Gagliano del Capo, Salve, Grottaglie, che come noi mantengono viva la tradizione dei fuochi nel Salento. Tutti ci hanno dimostrato vicinanza e affetto.”

Focaredda dunque ricomposta a furor di popolo e in tempi ravvicinati…
“Abbiamo lavorato ininterrottamente per due giorni, ricostruendo il carrarmato, che per noi ha un solo significato: No alla distruzione, sì alla ricostruzione.”

Vogliamo, infine, tirare una conclusione dal punto di vista socio-antropologico e psicologico?
“Quanto accaduto ci invita a riflettere sull’importanza delle tradizioni e sul rispetto che meritano. La Focaredda non è solo un falò, ma un momento di unione, di memoria condivisa e di celebrazione della cultura.

Mentre la comunità si unisce per superare questo momento difficile, ci si augura che essa possa continuare a brillare nel cuore dei suoi abitanti, rappresentando la resilienza.”