A vent’anni dalla scomparsa di Domenico Triggiani, a spasso nel suo Teatro Barese e Universale

 

VITTORIO POLITO - Venti anni fa, il 25 dicembre 2005, ci lasciava lo scrittore e drammaturgo Domenico Triggiani, uno dei personaggi cardine della cultura barese. 

Nato il 12 settembre 1929, primo di sette figli in una famiglia borghese, ha iniziato giovanissimo a collaborare, con articoli e rubriche, a quotidiani e periodici (tra cui “Il Giornale di Puglia”, “Metropoli”, “Il Meridionale”, “Puglia d’oggi”, “La ribalta”), mentre il suo esordio letterario risale agli inizi degli anni ‘50, quando risultò vincitore del Premio Nazionale per il Teatro bandito dall’Editore Gastaldi di Milano con la commedia “Papà, a tutti i costi”, pubblicata nel 1954.

È stato fondatore e condirettore, con Napoleone Bartuli, dal 1956 al 1959, di “Polemica-Rivista di lettere arti e critica” alla quale collaboravano noti esponenti della cultura italiana, come Bonaventura Tecchi, Francesco Flora, Piero Bargellini, Fernando Palazzi, Gaetano Savelli, Luigi Bartolini, Giovanni Titta Rosa, Silvana Folliero, e molti altri, tra cui il poeta armeno Hrand Nazariantz. 

La Rivista si impose in breve tempo alla ribalta nazionale per il suo coraggio e il suo anticonformismo: il suo obiettivo era di elevare vibrate ed energiche proteste contro la critica situazione della cultura e di contribuire, con la propria voce di opposizione, attraverso dialoghi e dibattiti, a costituire un argine al malcostume dilagante.  

Negli stessi anni di “Polemica”, Triggiani fu il principale organizzatore delle quattro edizioni del “Premio letterario Città di Bari” per la narrativa, sotto l’egida della Fiera del Levante e dell’Ente Provinciale per il Turismo. Il Premio aveva l’obiettivo ambizioso di lanciare in campo nazionale un autore meritevole e consisteva nella pubblicazione dell’opera vincitrice a cura e spese della Casa Editrice “Ceschina” di Milano. 

Tra le proposte culturali promosse dalla Rivista “Polemica” durante la direzione di Triggiani, merita di essere segnalato l’avvio di un’attività editoriale attraverso la Collana “Le Pietre” e la realizzazione, in collaborazione con il G.A.D. (Gruppo di Arte Drammatica) “Prometeo”, diretto da Eugenio D’Attoma, del “Teatro Circolare” nel Salone del Grande Albergo delle Nazioni sul lungomare di Bari.  

Uomo sensibile, meticoloso nel suo lavoro, schivo e riservato, lontano dai salotti cittadini e dalla ribalta televisiva, Triggiani non ha mai ricercato la facile popolarità, percorrendo tenacemente la sua strada con onestà intellettuale, senza scendere a compromessi: è stato “un testimone del tempo, attento e scrupoloso”, scriveva – anni orsono – il giornalista Gianni Custodero, anche nello svolgimento del suo lavoro nelle istituzioni (ha ricoperto il ruolo di funzionario del Comune e della Prefettura di Bari e, in seguito, è stato uno dei “fondatori” della Regione Puglia, ove è transitato nel 1970 e ha ricoperto, con grande dedizione e  competenza, delicati incarichi presso la Presidenza della Giunta nelle prime tre legislature).

Artista eclettico e versatile, Triggiani si è cimentato, sempre con grande successo, con generi letterari diversi, ma non c’è dubbio che la sua passione più autentica, la sua vocazione sia stata il teatro, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, anche internazionali. È sufficiente ricordare che dei suoi primi lavori teatrali se ne parlò agli inizi degli anni ’60 nientemeno che all’Actor’s Studio di Broadway, fondato e diretto da Lee Strasberg: nel corso di conferenze sul teatro contemporaneo, europeo e americano, Triggiani fu inserito dal critico Mario Fratti fra i “nuovissimi” autori di testi validi per il teatro europeo. 

Per rendere un doveroso omaggio all’illustre Autore, alla cui memoria l’Amministrazione Comunale di Bari ha da tempo intitolato un bel giardino in Via San Girolamo, ha visto la luce proprio quest’anno l’edizione critica di tutta la sua produzione teatrale con il titolo “A spasso nel Teatro di Domenico Triggiani – Opere in lingua e in dialetto barese”, a cura del figlio Nicola Triggiani, Ordinario di Diritto processuale penale e docente nel Master in Giornalismo dell’Università di Bari Aldo Moro, e della moglie Rosa Lettini, scrittrice e attrice di talento, grande appassionata del dialetto barese, scomparsa nel 2024, mentre l’opera era quasi ultimata.  

Edita da Cacucci, è stata pubblicata dal Consiglio Regionale della Puglia nella linea editoriale “Leggi la Puglia”, finalizzata a valorizzare la nostra Regione, il suo territorio, le sue tradizioni e il suo patrimonio culturale. Tre volumi, quasi 1000 pagine in totale, racchiusi in un elegante cofanetto. 

La raccolta si avvale della presentazione della Presidente del Consiglio Regionale, Loredana Capone – la quale osserva che riunire gli scritti teatrali di D. Triggiani “è come custodire un seme prezioso della nostra terra che germoglierà in chi leggerà” –, della prefazione di Stefano Bronzini, già Rettore dell’Università di Bari, e di tre saggi introduttivi alla lettura delle opere, firmati da chi scrive, dal critico teatrale Egidio Pani e da Grazia Distaso, docente di letteratura italiana dell’Università di Bari. 



Nel primo volume sono pubblicate le opere in lingua, da quelle più risalenti nel tempo fino alle più recenti. Si tratta di 9 lavori, scritti a partire dagli anni ’50, che hanno contribuito ad arricchire validamente il repertorio del teatro italiano, che appariva incapace di esprimere una nuova drammaturgia dopo Pirandello, e sono stati rappresentati nei principali teatri pugliesi, tra cui il Petruzzelli e il Piccinni di Bari. 
Oltre al già citato atto unico “Papà, a tutti i costi”, il volume comprende: l’atto unico “Il dramma di un giudice”, trasmesso anche in radio negli anni ’80 dalla RAI nell’adattamento di Luigi Angiuli (tra gli interpreti, Mario Mancini e Carmela Vincenti); la commedia musicale “Donne al potere”; il dramma in tre atti “Peccati di provincia”; l’atto unico “L’Arciguardiano”; la sacra rappresentazione “L’Eterno dramma”; il dramma noir “La valigia misteriosa”; la commedia “Come ti erudisco pupi e burattini”; nonché il radiodramma  “Ragazzi, stasera sfonderemo!”.
Il teatro in lingua di Triggiani è stato etichettato in vari modi dalla critica, con richiami a Ugo Betti, ad Aristofane, a Luigi Pirandello, a Blasco Ibanez: si tratta, comunque, di teatro sociale e psicologico, che affonda il bisturi nei vizi e nelle virtù degli uomini. 
Osserva Egidio Pani che, “per chi lo ha conosciuto, schivo, riservato, non amante dell’effimero, pare strano che amasse così tanto il teatro, regno della finzione e della fragilità del reale”. Ma, a leggere i suoi drammi e le sue commedie in lingua, “è evidente che Domenico Triggiani proprio nel teatro vedeva lo specchio in cui riflettersi e riflettere. Il Teatro, magicamente, ancora e sempre, poteva meglio farci comprendere il travaglio di una società, il suo scomporsi anche in forza ed a causa delle umane passioni, del frantumarsi dei sentimenti, della debolezza delle ambizioni, della incapacità di sperare e perfino di illudersi, perché l’illusione è una speranza diffusa e felice”. E Grazia Distaso sottolinea come D. Triggiani sentiva il teatro “come impegno e insieme, nel senso più alto, ‘divertissement’, come riflessione e insieme come naturale incanto, come possibilità di incontro e di comunicazione attraverso la scrittura teatrale che si fa rappresentazione, scena”.   
Il secondo volume della raccolta ospita le commedie dialettali, 13 in tutto, che, per unanime giudizio, hanno contribuito in misura importante a valorizzare e nobilitare il dialetto barese, vera e propria “lingua” dalle piacevoli sonorità, patrimonio da salvaguardare e divulgare: opere che costituiscono un fondamentale contributo teso a recuperare la memoria storica, i costumi e le tradizioni del territorio in cui affondano le nostre radici. 
Il dialetto è stato per Triggiani una scoperta tarda; eppure, alcune delle sue commedie in vernacolo, scritte a partire dagli anni ’80, rappresentano ormai dei “classici della baresità”, essendo state più volte rappresentate con enorme successo da varie compagnie, tra cui il “Gruppo Teatrale Levante”, fondato e diretto dallo stesso Triggiani per molti anni (nel ruolo  principale sempre la straordinaria Rosa Lettini), e il “Piccolo Teatro di Grumo Appula”, diretto da Luigi D’Alessandro: “Le Barìse a Venèzie”, “La Candìne de Ciànna Ciànne”, “All’àneme de la bonàneme”, “U madremònie de Cellùzze”, “No, u manecòmie no!”, “U retòrne de Giacchìne Muràtte”, “Che le sùrde iè mègghie a ièsse mute”. Come ebbe a scrivere molti anni fa lo storico barese Vito Antonio Melchiorre, in tale ambito artistico, Triggiani ha mostrato “vena e capacità tali da consentirne, in qualche maniera, l’accostamento, in chiave moderna, a nomi come quelli di Giovanni Meli per il siciliano, di Giuseppe Gioacchino Belli e di Trilussa per il romanesco, e, perché no? di Carlo Goldoni per il veneziano”. Mentre di recente il critico Ettore Catalano ha evidenziato l’abilità di Triggiani nel confezionare situazioni farsesche, senza mai cadere nella volgarità e nel turpiloquio, lavorando “sulla quotidianità del vivere attraverso personaggi popolari che mettono insieme l’intensità del loro desiderio di vita e l’intelligente sapienzialità della cultura popolare nell’accettare i mali del mondo con bonarietà e a volte con una schietta e confortante ilarità”.    

Nella nuova edizione dei lavori teatrali in dialetto, grazie agli approfonditi studi di Rosa Lettini, è stata utilizzata una grafìa tesa ad agevolare la lettura e la comprensione dei testi, così da renderli maggiormente fruibili, con una interessante appendice su come scrivere e pronunciare il dialetto barese e un utile glossario essenziale Barese-Italiano.

Il terzo volume riporta un’ampia rassegna di recensioni e giudizi della stampa e della critica, relativi anche alla produzione letteraria non teatrale dell’Autore, restituendo così ai lettori un quadro efficace e completo della complessa personalità di Domenico Triggiani. 

Emerge la figura di un intellettuale fuori dagli schemi, innamorato del Sud e della sua città, autore anche di saggi di critica letteraria e repertori bio-bibliografici (“Zoo letterario”, “Dizionario degli scrittori”, “Storia delle riviste letterarie d’oggi”, “Per la storia della letteratura italiana contemporanea”), poesie, inchieste di costume (“Inchiesta sulla gioventù bruciata”, “Inchiesta sul teatro”), nonché di romanzi, scritti a quatto mani con Rosa Lettini (“Il virus del passato”, “Il giudice Pandis”, “In diretta dall’inferno”, e “Da Adame ad Andriòtte”, la storia del mondo in dialetto barese), e persino della prima “Guida storica artistica e turistica illustrata della provincia di Bari”. 
Nell’appendice di questo terzo volume sono riportate anche preziose e suggestive immagini di momenti significativi della vita dello scrittore, di copertine dei suoi libri, di locandine e programmi di sala delle rappresentazioni sceniche delle sue opere.  

Presentato al Festival “Lungomare di libri” di Bari, al Festival “Il Libro Possibile” di Polignano a mare e in altre manifestazioni culturali, “A spasso nel Teatro di Domenico Triggiani” ha suscitato grande attenzione e interesse da parte del pubblico e ricevuto particolare apprezzamento dalla critica (da Pasquale Bellini al già citato Ettore Catalano, da Franco Perrelli a Felice Laudadio e Arturo Guastella). 

Ciò conferma la straordinaria attualità, originalità e freschezza delle opere teatrali di questo illustre esponente della tradizione letteraria del Mezzogiorno, “Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte”, i cui scritti – come annota Stefano Bronzini nella prefazione – sono ancora oggi capaci di “trascinare i lettori ad un’approfondita riflessione sulla complessa natura umana”.