San Nicola e il dialetto barese: intervista a Vittorio Polito

di Roberta Calò - «Per quanto un albero possa diventare alto, le sue foglie, cadendo, ritorneranno sempre alle radici» (proverbio cinese). In questo viaggio a ritroso verso le proprie origini, lo scrittore e giornalista Vittorio Polito, presenta il quarto volume «San Nicola, il dialetto barese e ... Miracoli, leggende, curiosità» (Levante ed. pp 152, euro 24).

L'autore, già noto per le numerose e meritevoli pubblicazioni «Baresità e ... maresità (2008), Baresità, curiosità e... (2009), Pregáme a la barése (2012) (in coll. con Rosa Lettini Triggiani)», riprende il suo cammino alla scoperta di quel substrato di storia che ci appartiene ma che non tutti conoscono.

Lui, che così meticolosamente scandaglia il nostro passato, si rifà alla figura del santo dei baresi per eccellenza, San Nicola. Quello che si palesa dinanzi ai nostri occhi non è un mero studio agiografico, ma piuttosto portare alla luce dettagli, informazioni, documenti, leggende, lettere, curiosità riguardanti «chidde brave marenare, nu Sande che non dande calcolame» ma che «Jé u Pritettore neste che nge chiame».

In ogni dettaglio emerge un forte orgoglio campanilistico che però supera i confini della baresità per allargarsi all'Oriente e alla storia di questo legame tra due terre così diverse eppure così profondamente unite; un testo per tutti quei baresi che amano San Nicola e la propria terra per tradizione, ma che troverebbero in questo volume le motivazioni fondanti di questo forte e innato sentimento.

Abbiamo rivolto a Vittorio Polito alcune domande in merito al suo ultimo libro.



D - Come mai un titolo che coinvolge San Nicola nel dialetto barese? 
R – È ormai acquisito che per Baresità s’intende tutto quello che riguarda Bari: dal dialetto alle tradizioni, al folclore, ai monumenti, alle chiese, ai proverbi, al teatro dialettale, nella quale rientra prepotentemente anche il nostro San Nicola e tutto quello che lo riguarda.

D – Quali elementi caratterizzano questo volume? 
R – Ho raccolto una serie di poesie e di prose scritte in dialetto barese sul nostro San Nicola, coinvolgendo circa 50 poeti e scrittori che si sono interessati alle leggende ed ai miracoli del nostro Protettore, i quali hanno scritto di tutto e di più, non dimenticando alcune poesie in russo ed in inglese, tradotte in dialetto e dedicate al Santo di Mira, anzi di Bari. Inoltre ho inserito il poemetto in dialetto barese del secolo XVIII «La leggenda di San Nicola di
Bari», ripreso da un Bollettino di San Nicola del 1982, una vera chicca per i cultori e gli appassionati del nostro vernacolo. A tutto ciò si aggiunge la nota di Nico Veneziani “San Nicola nella storia di Bari” ed una serie di “Curiosità” inedite o sconosciute, da me curate, che vedono protagonista il nostro bel Santo. Il contenuto del libro è corposo e non si può in poche parole riassumerlo. Lascio al lettore il piacere di scoprirlo. È il caso di ricordare anche il contributo dell’amico architetto-scrittore-musicista Franz Falanga, che questa volta si è improvvisato commediografo con il lavoro teatrale «Bàre, Sànda Necòle, le marenàre provette la chièssjie de Ròme, le rìcche e le poverjìedde».

D – Si parla tanto del recupero del dialetto: qual è il suo pensiero al riguardo. 
R - Il recupero del dialetto è assai importante per tramandare ai posteri, insieme alle tradizioni, il nostro passato e la nostra storia. Chiaramente mi riferisco al dialetto poetico, letterario, teatrale ed a tutti i contributi finalizzati al recupero ed alla valorizzazione della nostra parlata. Ovviamente vanno escluse quelle produzioni dialettali fondate su volgarità e imprecazioni che con il dialetto barese non hanno nulla a che vedere.

D – Quale simbologia richiama la copertina che riproduce San Nicola a cavallo del galletto? 
R – L’immagine del nostro San Nicola è una figura legata inequivocabilmente a Bari. A questo proposito devo ringraziare l’artista Anna Maria Di Terlizzi, autrice della bella copertina, che con tanta disponibilità ha voluto mettere a disposizione la sua pregevole opera cortesemente e gratuitamente.
Ringrazio anche il priore della Basilica di San Nicola, padre Lorenzo Lorusso o.p., che mi ha onorato della sua presentazione e tutti i poeti citati nel testo che hanno consentito la realizzazione di questa pubblicazione, anche se non esaustiva dell’argomento. Un plauso all’Editore Levante per la particolare cura dedicata al testo.

D – Perché San Nicola ha scelto la città di Bari? 
R – Con ogni probabilità un Santo come Nicola non poteva che dimorare a Bari, poiché la nostra città, al di là di curiosità e leggende, nella sua triplice dimensione di città ecumenica, europea e mediterranea, reca nella sua storia i tratti del sovrapporsi di molteplici civiltà e culture: romana, bizantina, longobarda, saracena, normanna, angioina, aragonese, identificando così il suo destino in quello del Santo Vescovo di Mira. E dal momento che San Nicola è anche patrono della Russia e della Grecia, protettore dei fanciulli, degli avvocati, dei mercanti, dei marinai, dei prigionieri e degli studenti, mi chiedo: perché non proclamare San Nicola anche Patrono e protettore del Mediterraneo e dell’Europa?

Una domanda, che l’autore si pone, a cui probabilmente noi lettori potremmo rispondere o a cui potremo unirci per dar sempre maggiore importanza, visibilità e continuità alla nostra memoria. Polito ci offre gli strumenti per far questo, offrendoci una vasta varietà di fonti che toccano la cultura, la politica, l’arte, la tradizione popolare, la musica, l’iconografia, riuscendo, in un contesto così aulico, ad avvicinare il santo e il fedele, «Ma abbuène abbuène, nu vìnde gendìle/scheduèsce le nuvue e iàbbr'u ciele/e da dà mènze, che nu ragge de sòle,/ièsse l’ecchie de Sanda Necòle!" strappando perfino qualche sorriso «Sanda Necole, ce nu zite tu me manne/Mannamiue ricche, sul' e senza mamme/. E c pè combinazione la mamma tenesse/ Cambasse tre ddì e po' meresse».

1 Commenti

  1. Al Signor Franz Falanga consiglierei un corso di ortoepia della lingua barese.
    Quale logica astrusa avrà mai usato per partorire le grafie "chièssjie" e "poverjiedde"?
    A Bari non parliamo così.

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