La misteriosa “Collina delle Ninfe e dei Fanciulli” a Giuggianello

di Mario Contino, fondatore AIRM - Mistero è magia, oggi più di ogni altra cosa l'uomo ha necessità di ritrovare se stesso e la sua spiritualità, di guardare le stelle con gli occhi del fanciullo, di chiedersi dove ha origine l'arcobaleno, di ricercare il mistero più grande di questa vita: “se stesso”. In quest'ottica nascono le mie ricerche che oggi mi portano a descrivervi la magnifica leggenda legata al paese di “Giuggianello” nel basso Salento.

La “Collina delle Ninfe e dei Fanciulli” a Giuggianello, a due passi dalla Grotta di San Giovanni, è oggetto di leggende ancora vive nel folklore locale e che, a mio avviso, meriterebbero ben altri riconoscimenti.

Nella zona sono presenti numerosi Dolmen e Menhir, che l'antica sapienza non costruiva a casaccio ma in terreni riconosciuti sacri e custodi di ancestrali energie di cui al giorno d'oggi si è persa memoria. Luoghi in cui si narra che dimorerebbero fatine, folletti, orchi, demoni, streghe e chissà, se l'antica osservazione di alcuni fenomeni ritenuti misteriosi, abbia originato tali leggende in relazione all'impressione più o meno positiva del testimone di turno.

Lo scrittore Nicandro di Colofone nel II sec. a.C.  così scriveva del logo: “Si favoleggia che nel paese dei Messapi presso le cosiddette “Rocce Sacre” fossero apparse un giorno delle ninfe che danzavano e che i figli dei Messapi, abbandonate le loro greggi per andare a guardare, avessero detto che sapevano danzare meglio. Queste parole punsero sul vivo le ninfe e si fece una gara per stabilire chi sapesse meglio danzare. I fanciulli, non rendendosi conto di gareggiare con esseri divini, danzarono come se stessero misurandosi con delle coetanee di stirpe mortale. Il loro modo di danzare era quello, rozzo, proprio dei pastori; quello delle ninfe, invece, fu di una bellezza suprema. Esse trionfarono dunque sui fanciulli nella danza e rivolte ad essi dissero: “Giovani dissennati, avete voluto gareggiare con le ninfe e ora che siete stati vinti ne pagherete il fio”. E i fanciulli si trasformarono in alberi, nel luogo steso in cui stavano, presso il santuario delle ninfe».

Da quanto sopra descritto l'origine del nome e dei vecchi ulivi che sembrerebbero contribuire all'incanto del posto e, per quanti ricordano l'antica leggenda, fungono da monito mettendo in guardia gli stolti dal voler sfidare il divino. Fino a qualche decennio or sono, i contadini della zona vietavano severamente ai figli di recarsi presso la collina: si credeva, infatti, che le fate potessero apparire loro sotto le mentite spoglie di bellissime fanciulle per stregarli, riservando loro la terribile sorte toccata ai ragazzini messapi.

In altre versioni invece era una vecchia e folle strega (Macara o Striara nel dialetto locale) a lanciare sugli sprovveduti la sua terribile maledizione (“la macaria” nel dialetto locale).

Non si contano le storie legate “all'inquietante” presenza dello “Scazzamirrieddru”, il dispettosissimo folletto salentino che proprio in quella zona vanterebbe un gran numero di avvistamenti.

Sfere luminose sarebbero più volte state avvistate tra gli alberi e la ricca vegetazione, così come inspiegabili canti e pianti fanciulleschi, per alcuni solo voci lontane portate dal vento, per altri un prezioso richiamo ad un passato tanto vicino ma sufficientemente lontano per esser smarrito.

All’ombra dei massi sacri, dove un altra leggenda vorrebbe che Ercole abbia intrapreso  parte di una delle sue dodici fatiche contro i giganti Leuterni, non si potrebbe far a meno di aguzzare la vista e tentare di scorgere quella magia che solo a pochi eletti è dato di intravedere...
Riservata a coloro che ancora sorridono, cercando i folletti sotto folti cespugli.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto