La baresità di Vittorio Polito

di LIVALCA - Spesso una parola detta in dialetto al momento giusto, con la precisa baldanza che ti può donare solo una lingua con cui hai padronanza fin dall’infanzia, può risolvere piccole incomprensioni che spesso sfociano in diatribe difficili da sanare. Il giornalista barese Vittorio Polito è uno di quelli che, negli ultimi tre lustri pubblicando anche 4 libri, più si è speso per far passare questo messaggio che va alimentato, con presenza assidua e generosa, in ogni contesto in cui il dialetto è protagonista e magari evitando quel vezzo vizio-virtù in cui ‘U pèsce grèsse se mange u pèsce peccenùnne’.

Una volta chiesero a Marcello Marchesi a chi si fosse ispirato per un suo famoso aforisma: «Si comincia da giornalisti moderatori nelle tavole rotonde politiche e si finisce a tavola con i politici: da giornalisti moderati» e la risposta chiamò in causa Aristotele e quella sua frase che integra è arrivata a noi viaggiando nei secoli «La gratitudine genera l’odio», poi ci ha pensato Goethe che, con perfezione germanica, ha alzato l’asticella :« Se incontriamo qualcuno che ci deve gratitudine, ce ne rammentiamo subito. A volte ci capita di incontrare persone a cui dobbiamo gratitudine, ma non ci pensiamo». Anche l’odio è soggetto a punti di vista :« Chiunque odia il proprio fratello è un omicida» (S. Giovanni) e « Un odio confessato è già impotente» (Balzac). A ottobre 2009 ho realizzato nel volume curato da Vittorio Polito :« Baresità, curiosità e…» la parte finale denominata ‘Sul filo dell’ironia’ a firma GioCa; scrissi un pezzo titolato «La baresità di Vittorio Polito» che riporto sotto e vi premetto che Vittorio aveva da poco ricevuto, dalle mani della professoressa Adele Pulice Lozito un premio a Catino ed era giustamente euforico.

Vi cito quasi integralmente quello che fu impresso su carta, perché nonostante i dieci anni passati,ritengo che Polito sia ancora un figlio di Alfieri e del suo ‘volli, e volli sempre, e fortissimamente volli’ e spesso riesce a risultare simpatico più per i troppi difetti, che non nasconde ma accentua con filosofica vena barese, che per le indubbie qualità.

Bari, 2009

«Il caso Polito è un caso “polit(ic)o”? Dando per scontato che l’uomo per sua natura è un animale politico dobbiamo ammettere che le cose e gli incontri migliori avvengono per caso. Il quale caso, secondo Anatole France : ‘Forse è lo pseudonimo di Dio quando non vuol firmare’.

Stiamo tutti pensando che ci siamo spinti oltre la barriera del buon senso e probabilmente in un vicolo cieco per cui bisogna tornare alla saggezza degli antichi. Il buon Seneca affermava : “ Che non c’è vizio che non possa trovare difesa”. Il vizio di Vittorio Polito, assolutamente evidente, è la sua smodata ‘baresità’.

Generoso, orgoglioso, ‘capatosta’, egocentrico quanto basta, intelligente e interessato ad ogni aspetto della vita del tipo: ‘ Più invecchio, più continuo ad imparare’ (Nonostante abbia lavorato per lo Stato non si è mai risparmiato, accumulando esperienze che nel tempo si sono rivelate utili ed appaganti. Carissimi giovani non disdegnate oggi l’incontro con un lavoro deludente, nel tempo potrebbe rivelarsi vincente).

Domenica 26 luglio 2009 alle 6,45 trovo sul cellulare un messaggio di Polito : “ Hai visto la Gazzetta?”. Convinto che si riferisse all’articolo dedicato al Premio Catino e al fatto che gli fosse stato assegnato il riconoscimento intitolato a Vito Lozito, ho risposto: ok. Intorno alle 7,30 mi chiama sul fisso dell’azienda e perentorio mi apostrofa: ‘ Ti piace la novità?’ Penso, tra me e me, ma quale……di novità se sono due settimane che i giornali, sollecitati da lui stesso ( è una mia malignità con riscontri di autenticità) riferiscono la notizia. Con aria di sufficienza mi dice di controllare le lettere al direttore, per intenderci quelle dei pensionati in cerca di intrattenimento.

(Nelle lettere al direttore il dott. Lino Patruno aveva pubblicato la seguente missiva di Polito)
In riferimento alla lettera di Silvio Panaro « Creiamo a Bari una ‘sezione del dialetto» è appena il caso di dire che a Bari da circa un anno è in corso un Seminario sul dialetto barese. Io stesso recentemente ho pubblicato il volume « Baresità e…Maresità» ( Levante editori) nel quale ho dato voce a molti poeti, rimettendoli in discussione. Vi sono anche altri cultori del dialetto che stanno pubblicando molte opere sull’argomento. Le dirò di più : ho in preparazione un secondo volume sulla Baresità nel quale saranno incluse un altro centinaio di poesie, per cui, il dialetto, caro signor Panaro, non è trascurato e ignorato. Vittorio Polito

La risposta del direttore Patruno: «Bene così. Viviamo il futuro con i piedi sul passato».

In questo modo ho appreso che vi sarebbe stato un seguito al primo volume. Alcune ore dopo mi ha raggiunto in azienda con una prima parte del lavoro. Anche il buon Lino Patruno ha le sue colpe!

Si fosse limitato a rispondere “ Viviamo il futuro con i piedi sul passato”. Invece, forse annichilito dalle tante perle di amenità che a volte gli arrivano, ha voluto strafare aggiungendo ‘Bene cosi’. A Polito non bisogna mai dire bene perché, secondo il suo credo, nel fare una cosa bene non esistono eccessi. Per aver detto una volta che fossero interessanti alcuni suoi versi mi sono ritrovato con una poesia che ha chiuso il primo volume sulla ‘baresità’ e con un’altra che ha aperto questo. E Dio solo sa che non abbia in mente di pubblicare un volume di liriche. Forse dovrò comunicargli che il poeta comincia dove finisce l’uomo.

Nell’augurarci che, in questo caso, non c’è due senza tre sia la classica eccezione che conferma la regola diamo atto a Polito che il culto dei libri è la migliore prefazione alla conoscenza degli uomini».

Poi chiudevo l’intervento con un corollario sui libri che serve, ora, solo a dire che avevo ragione… ‘allora’ e ritengo superfluo riportare.

Polito in questo lasso di tempo ha pubblicato altri due libri sempre con Levante e può darsi che quest’anno avremo la cinquina.


A Vittorio Polito che ha recensito più volte il bellissimo  libro di Lorenzo e Enrica Gentile ( padre e figlia)  «Nuovo dizionario dei baresi» dedico  la poesia che Lorenzo volle inserire al centro del libro, nella parte in cui si passava dal dialetto barese all’italiano :
Chèsse jè Bare

Seccome avime perdute la memorrie /Jè mugghie ca v’u digghe che la storrie
accome la Bare nèste jè nate  /che le casre, la meragghie e le strade
Cchiù de mill’anne apprìme de Criste / arrevò na morre de gènde ma’ viste,
mbrime la Pùgghie s’aggnì de crestiane / menute da tèrre assà lendane
A Bbare se sestemarene che le famigghie/ e che l’ajiute de megghière e ffigghie
facèrene  cassre a preppedàgne / sènza porte, checine e bbàgne.
Chiandarene aminue , gtrane dure, / vigne, auuì, ciggere e fasule,
cime de rape e ffave de cuèzze/ e a mmare menarene le rèzze.
Rome no jère fendate angore/acquanne Bare jère nu sblendore
che commerciande e navegande / ca facèrene de Bare nu ngande.
Le prime a scrive u latine andiche
So state Ennie, Pacuvie e Androniche:
  trè pugljise  brave assà assà / ca Rome se le petève seggnà.
Aromà u sapene tutte quande  / ca Petrarche, Boccacce e Ddande
mbararene da nù u taggliane, / pure ce lore jèrene toscane.
Ce ngann’a mmare tu stà assise / te pare de stà mbaravise
e ce te mitte de facce o sole / pe rengrazzià Ddì non ge sò parole.
Ch’u sole calde e u prefume de mare
no nge stà na cetà  mègghie de Bare.

In una prefazione simpatica e corretta Vito Maurogiovanni, che era stato collega di lavoro del fratello di Lorenzo Gentile in una vecchia azienda svedese napoletana, precisava : « Se poi ci sarà chi dirà che la scrittura è questa e non quella, o quella e non questa, credo ogni studioso abbia diritto ad utilizzare le proprie interpretazioni. Che, come nel caso di questo vocabolario, non sono né gratuite né tanto meno banali e il discorso sulla esattezza linguistica, se discorso c’è da fare, ha bisogno di studi e riflessioni non di garanti». Lo stesso Maurogiovanni, che avevo dovuto sollecitare più volte per la prefazione al primo libro di Polito ‘Baresità e…Maresità’, così si esprimeva su colui che poi diventò suo Amico: « Autore di cotanto interessante tomo è Vittorio Polito, da alcuni anni giornalista vivace e brillante, attento ai fatti di cronaca, soprattutto con l’occhio vigile alla variegata e abbondante produzione editoriale pugliese…..».

La mia convinzione è che se dessimo più ascolto ai nostri vecchi detti o proverbi in dialetto sarebbe più facile per tutti iniziare una giornata all’insegna del ‘non si è mai tropo buoni o troppo giusti, per esserlo abbastanza in ogni frangente’.

Dal volume dei Gentile vi regalo alcune perle che faranno piacere al cultore della baresità che ho voluto omaggiare con il presente scritto : « Anne nève, anne nève non nge sì rembènne u uève, allendàne pèste e uèrre ca trevògghiene la tèrre», « Fatte sckannà sèmbe da nu veccjìre buène» e « Amecìzzie sènza malìzzie, adùre fin’a la dì du gedìzzie».
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