Ciardo, cinquant'anni di solitudine




FRANCESCO GRECO - Un museo, o una mostra permanente. Una statua, almeno un busto. Ristampare i sue due libri ("Quasi un diario", 1957 e "Piccolo cabotaggio", 1964, entrami editi da Mele di Napoli).

Idee in progress, ansia di futuro per onorare il grande paesaggista Vincenzo Ciardo a 50 anni dalla morte (Gagliano, 25 ottobre 1894 - 26 settembre 1970). Proprio mentre c'è un nuovo sindaco, Gianfranco Melcarne, e l'attesa e le speranze sono enormi.

Se la bellezza ci salverà, Ciardo ("un Buddha della nostra terra", Pietro Marino) può essere anche un atout dell'offerta turistica non solo d'estate ma tutto l'anno. Di "Don Vincenzino", "un grande del Novecento" (ipse dixit Vittorio Sgarbi) si è parlato nel cortile della sua casa (che fu già degli Scanderberg al tempo del "sacco" di Otranto) addossata alla chiesa di San Rocco, là dove c'era un rigoglioso agrumeto.

Serata organizzata dalla Pro-Loco, l'Istituto comprensivo "Vito De Blasi", l'associazione culturale "Ponti non muri", scivolata via leggera fra ricordi e promesse, l'albero genealogico ricostruito da Francesco Fersini e il contesto storico e artistico in cui visse.

Il nipote di Ciardo, Bruno Chironi, ha ricordato quando tornava con la littorina da Napoli dove dal 1940 al 1966 insegnò Paesaggio all'Accademia di Belle Arti e portava i dolci caratteristici, l'odore di trielina che avvolgeva il suo studio inaccessibile ai bambini, la carrozza: "E' stata la figura più importante della mia infanzia...".



Espose in tutto il mondo (Atene, Barcellona, Tokio, Berna, Berlino, Copenaghen, Melbourne, ecc.) e le sue opere sono sparse nei musei più prestigiosi. Ottenne infiniti riconoscimenti.

Negli anni 30 a Roma propose opere ispirate all'Albania di cui amava il paesaggio con le montagne di fronte. Fu sodale di Girolamo Comi nella sua Accademia a Lucugnano (Lecce).

Tre fratelli del grande pittore morirono nella prima guerra mondiale. Ai suoi funerali, in un giorno di vento che spazzava la "sua" piazza, una folla enorme. E' sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero del paese.

Da allora è stato quasi dimenticato: 50 anni di solitudine fra le sue scogliere, gli uliveti, i pleniluni, il fuoco: i soggetti preferiti.

Avergli intitolato, in mezzo secolo, solo la biblioteca comunale, è un pò poco per rendergli omaggio e darne memoria alle giovani generazioni.

Servirebbe un'accurata ricognizione della sua opera sconfinata. In tanti sono pronti a donare i quadri e il materiale in loro possesso. Abbiamo ascoltato belle parole. Occorre passare al livello operativo. Non è facile, Sarà la volta buona? Lo sapremo nei prossimi 50 anni...

Nuova Vecchia

Modulo di contatto