Debussy, il fauno

FRANCESCO GRECO - Il “fauno” ebbe un’infanzia povera e difficile, una famiglia complicata, un padre millemestieri (vasaio, tipografo, ferroviere, soldato…), ma col gusto della musica (da piccolo lo portò a teatro a sentire Verdi, “Il trovatore” e Donizetti, “La figlia del reggimento”), una madre vanesia, “esaltata”.

Nonostante tale schizofrenia, ebbe un’adeguata formazione musicale, anche se alcuni insegnanti di conservatorio erano attardati su concezioni antiquate, mentre in lui ruggiva il nuovo, il fuoco prometeico di orizzonti tutti da osare e ci volle un po’ prima che intravedesse il sentiero accidentato da percorrere per la gloria. Una vecchia zia si incaricò delle prime lezioni di pianoforte a Claude da un vecchio italiano, Jean Cerutti.

E poi ebbe la fortuna di relazionarsi con una nobildonna russa, Frau von Meck, la mecenate che credette in lui e lo sostenne, nonostante 11 figli e la vedovanza.

Claude-Achille Debussy ebbe una vita intensa, da romanzo, come quasi tutti i geni d’ogni campo di quel periodo che intrecciarono le loro esistenze, contaminandosi a vicenda nelle scansioni della loro arte.

Debussy è contemporaneo di Verlaine e Rimbaud, Baudelaire e D’Annunzio, Chopin e Schumann.

Voleva fare il pittore, ma la vera inclinazione era la musica e già da bambino al pianoforte si inventava accordi.

Morì nel 1918, relativamente giovane (56 anni, era nato il 22 agosto 1862), sotto la guerra, la Francia bombardata: fu sepolto in fretta al Père Lachaise, ma ebbe un altro funerale a distanza di un anno, nel 1919, quando in una giornata cupa, piovosa, le spoglie furono traslate a Passy.

A donarci l’appassionata biografia, incalzante come un romanzo, ricca di suggestioni e dettagli, Dietrich Fischer-Dieskau (scomparso di recente) nel sapido “Claude Debussy e il suo mondo”, Edizioni Unicopli, Milano 2019, pp. 470, € 30, introduzione e traduzione di Francesco Bussi, bella collana “Musica Pensante” diretta da Mariateresa Dellaborra.

“Dalla vita all’arte e dall’arte alla vita” (Bussi), 49 capitoli senza respiro, come un’avventura senza pause, in cui il “fauno” segna decisamente il suo tempo e da cui traspare il mondo che gli vortica intorno, la Parigi degli artisti maudit, le cui parabole esistenziali si intrecciavano l’una all’altra arricchendosi di fascinosa semantica.

Per chi ama le vite dei grandi, una lettura che arricchisce lo spirito in tempi in cui la grandezza è costruita dall’astuzia del marketing, è taroccata e non è destinata all’immortalità, ma al quotidiano, e al business.

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