Libri, Enrica Simonetti attesta: “tutti pazzi per la Puglia”


LIVALCA
- L’editore ADDA ha pubblicato quest’anno un volume della nota giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Enrica Simonetti “tutti pazzi per la Puglia”, titolo che fa pensare immediatamente a quella frase di Seneca: «Non ci fu mai grande ingegno senza un minimo di pazzia»… ma, al momento, l’accantoniamo perché ci porterebbe fuori strada, anzi fuori Puglia, come fuori ci porterebbe il ‘crazy’ dedicato ai figli di Albione.

Il sontuoso volume che si avvale delle impareggiabili foto di Nicola e Giorgio Amato, su progettazione grafica di Vincenzo Valerio già collaudato a simili ideazioni, è un invito a munirsi di borsa da viaggio e partire alla scoperta di una terra così eccezionale e straordinaria da farti ‘impazzire’ per quanta storia e bellezza conservi e di cui, forse, sono inconsapevoli custodi-depositari coloro che hanno la fortuna di nascervi (tralasciamo il particolare che il volume fa parte della collana ‘CRAZYPUGLIA’, diretta da Enrica Simonetti, e che probabilmente il termine è un omaggio alla lingua del William nato a Stratford-on-Avon, il cui Macbeth ha reso ‘complicata’ la vita dei ginnasiali della prima metà degli anni ’60).

La Simonetti ci regala subito una frase del matematico e filosofo inglese Bertrand Russell (ci teneva ad affermare nato in Galles, dove è morto!) che, premio Nobel per la letteratura nel 1950, era popolare, fra i ragazzi citati prima per il Macbeth, perché nel 1966 diede vita al Tribunale internazionale contro i crimini di guerra americani in Vietnam: “L’equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante”.

Comunque tutti conosciamo due aforismi di Russell: “La cosa più difficile da imparare nella vita è quale ponte attraversare e quale bruciare” e “Una sciocchezza resta sempre una sciocchezza anche se la dicono cinquanta milioni di uomini” che poi sono una sintesi tra ‘L’ozio e il padre di tutti i vizi’ e ‘L’elogio dell’ozio’ inteso nel senso che se visiti la Puglia il tuo ozio arricchisce non solo la mente e il cuore, ma anche quel ‘gossip’ che noi chiamiamo fattarìdde (fatterello) che ci aiuta a far venire alla luce una vicenda storica pregna di insegnamenti, tali da dare un senso assennato alla parola libertà, abusata ed usata come fosse una ‘pazzia’.

Il volume di Enrica (ho il permesso del patriarca Nicola per questo eccesso di ‘pugliesità’) si apre con la ‘Porta dei cento Occhi’ di Conversano, la quale aveva il compito di tenere al sicuro le suore - stiamo parlando del Monastero di San Benedetto, oggi Museo civico - dalle insidie del mondo esterno. Questa singolare opera seicentesca risale al periodo in cui prese i voti Dorotea Acquaviva d’Aragona. Vi riferisco integralmente quello che riporta lo storico conversanese Antonio Fanizzi a proposito di questo avvenimento nel suo libro «ARMI E BARONI - Controversie e duelli degli Acquaviva d’Aragona dal 1636 al 1723» (Levante, Bari 1985): «Tra il 26 e il 28 maggio del 1697, in Conversano, si ebbe un “grandissimo eccesso”, Rodolfo Carafa, fratello di Francesco Carafa di Noia, colui che aveva sostenuto il famoso duello di Norimberga e che poi era diventato sacerdote, rapì dal monastero di San Benedetto, Dorotea, al secolo Vita Modesta, figlia di Cosimo Acquaviva d’Aragona e sorella di Domenico, che nel 1697 era maestro di campo in Fiandra. La romantica fuga si concluse col matrimonio, celebrato dopo aver ottenuto la dispensa pontificia per Dorotea, che contava a quel momento oltre trenta anni, mentre Rodolfo ne contava cinquantacinque. Dorotea rimase vedova dopo appena due anni di matrimonio; ebbe una figlia, a nome Lucrezia e si risposò con “un corteggiano di vil nascita del cardinale Rodolovichi”.

Delle cinque donne cui ho chiesto un parere sulla foto del libro: quattro hanno adoperato la parola inquietante, una, la maggiore delle mie due figlie che vive a Roma, ha espresso il desiderio di visitare il Museo e si è soffermata sulla drammatica intensità che emanano i due chiavistelli visibili in primo piano.

Nicola Amato, il fotografo e video-makers che con il figlio Giorgio hanno eseguito tutti gli scatti del libro, ci affida, in un intervento breve ma intenso, le sue esperienze di professionista che prima di scattare foto cerca un contatto umano con le persone e, grazie all’esperienza accumulata, anche con i luoghi che diventeranno i protagonisti silenziosi ma espliciti degli scatti. Il suo intervento viene arricchito da una frase di Kant: «Il pazzo è un sognatore sveglio», con cui il filosofo tedesco nato nel 1724 a Könisberg… anticipava quella frase «L’uomo è l’unica creatura che dev’essere educata» che sta facendo, ai nostri giorni, tremare il mondo… perché qualcuno è privo di quell’educazione capace di salvaguardare il diritto alla vita.

Una delle foto più rivelatrici del volume è quella che racchiude il lungomare di Bari: dal molo Sant’Antonio, mare mare, fino al Palazzo della Provincia: il molo si deve all’architetto di Rutigliano, nato nel 1888, Saverio Dioguardi, colui che ha arricchito Bari con le sue opere: Chiesa di San Ferdinando in via Sparano, Comando III Regione Aerea e palazzo della Gazzetta del Mezzogiorno, abbattuto nel 1982.

«Noi dimentichiamo che il ciclo dell’acqua e il ciclo della vita sono una cosa sola» questa frase dell’oceanografico francese Jacques-Yves-Cousteau, introduce il capitolo dedicato all’acqua.

Come non segnalare nel territorio di Carovigno, ad una manciata di chilometri da Ostuni, l’area marina protetta di Torre Guaceto che partendo dal promontorio di Punta Penna Grossa giunge fino ad Apani, tra le cui dune compaiono i ‘faraglioni’ di terra rossa, concentrati di argilla aggrovigliati a vecchie radici: i celebri guardiani della bellezza del posto, che la caratterizzano e difendono, al tempo stesso, dall’insidia dell’uomo, meglio conosciuta come speculazione edilizia.

Da non dimenticare i 102 metri sul livello del mare del faro di Santa Maria di Leuca, che sorge in località Punta Meliso dove si trova la storica Basilica intitolata a S. Maria de Finibus Terrae: il tutto veniva celebrato come la ‘porta’ del Cielo verso il Paradiso.

Non sono mai stato a San Pietro in Bevagna, nonostante mio cognato Giuseppe da oltre 25 anni mi parli di un luogo di mare da ‘bere per rinfrescarsi la bocca e la faccia’, ma conto di andarci (sperare aiuta a sentirsi bene, in salute) la prossima estate con i miei nipotini: Virginia, Mariolino e… altri volontari. Poi vi racconterò.

Parlare di Polignano a Mare e non citare Modugno Domenico, la signora dell’orologio (ogni giorno carica manualmente il sistema installato nella sua abitazione) e il campionato internazionale di tuffi ‘Red Bull’ è pura ‘follia’, ma noi convinti di essere savi per ‘nascita ricevuta’ vogliamo segnalare l’incanto di ‘ Costa Ripagnola’ che si trova a nord della città che ha dedicato il monumento a ‘mister volare’ tra Cozze e l’Abbazia di San Vito. Siamo convinti che perfino la famiglia Amato, gli artisti della fotografia, possano essere in sintonia con noi quando affermiamo che nessuna foto, pur meravigliosa che sia, possa rendere l’idea di quanto sia celestiale-divina la vista di covoni e trulletti disseminati in alternanza, avendo per sfondo un mare generoso come pochi che ti fa pensare alla pesca e, subito dopo, alla nostra cucina marinara e il pensiero corre ad una semplice quartina tratta da una poesia di Lorenzo Gentile: «…Ce ngann’a a mmare stà assise/ te pare de stà mbaravise/ e ce te mitte de facce o sole/ pe rengrazzià Ddì non ge so parole…» (Enrica e Lorenzo Gentile “Nuovo dizionario dei baresi”, Levante, Bari 2007) che anche se riguarda Bari può essere estesa a tutta la Puglia marina (Sol lucet omnibus).

Anni fa, un sabato pomeriggio intorno alle 17,00 al porto di Mola di Bari, un pescatore, appena rientrato dalla giornata lavorativa, stava scaricando il ‘bottino’ del suo pescato ed una giovane signora gli chiese se avesse pesce adatto per il ‘sushi’: la risposta fu: “Mangiati questo pesce e vedi come ti sushiti” (chiaramente in dialetto, dove ‘sushiti’ sta per ti svegli, rinasci).

Da segnalare nel libro una foto scenografica di Lama Monachile a Polignano a Mare di sera: ebbene possiedo tante foto fatte personalmente, di quel posto incantevole, da dilettante acclarato, ma sono tutte, ma proprio tutte, scenografiche.

Per il capitolo dedicato al ‘CIELO’ l’autrice del libro cita una frase di Italo Calvino: «E poi non sapevo più cosa guardare. E guardai il cielo».

Secondo una mia ricerca svolta nel 1985, l’anno della morte di Calvino a Siena, la locuzione è tratta da un libro di novelle dal titolo “Gli amori difficili”, pubblicata da Feltrinelli nel 1971.

Calvino è nato nel 1923 a Santiago de las Vegas, l’Avana, Cuba, ma ha trascorso la fanciullezza a Sanremo la città del padre. All’epoca appurai che era un ‘falso’ la notizia che attribuiva alla madre di Calvino, Eva Mameli, una parentela del padre con Goffredo Mameli, il genovese che ha composto il testo del ‘Canto degli Italiani’. Notizia vera, invece, era quella che la madre di Calvino è stata la prima donna in Italia nel 1915 ad avere la libera docenza per una cattedra universitaria in Botanica Generale.

Cosa lega Calvino alla Puglia? Verso la metà degli anni ’50, in compagnia di Franco Antonicelli, si recò in Puglia per partecipare a Bari e Lecce alle settimane del libro, organizzate dalla casa editrice Einaudi di cui all’epoca era redattore. Antonicelli, originario di Gioia del Colle, era invece già uno scrittore e critico letterario abbastanza noto, non solo a Torino.

Come testimonianza di questo viaggio Calvino scrisse un articolo dal titolo “La settimana a Bari e Lecce” e Antonicelli un racconto dal titolo “Finibusterre”. (Si deve ad Antonio Lucio Giannone, professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università del Salento, il merito di aver pubblicato il tutto per l’editore Besa di Nardò nel 1999).

Enrica questo presunto ‘volo pindarico’ mi è servito per giustificare, a qualche amico con le ‘mani in pasta’ che mi ha fatto notare che si poteva inserire qualche citazione di autore made in Puglia, che Calvino, con la sua settimana di ‘praticantato’ nel nostro territorio, ha respirato abbastanza per essere considerato ’uno di noi’. Inoltre non va tralasciato che è stata inserita nel libro una poesia del poeta Vittorio Bodini, nato a Bari nel 1914 per ‘pura casualità’ ma da genitori salentini che da subito lo ricondussero a Lecce, che ricorda la fine del polpo su qualsiasi scoglio di Puglia: «Come un polpo sbattuto/ contro lo scoglio/ si arricciolavano i miei pensieri/ a Bari fra le barche verdi e gli inviti/ favolosi dei venditori/ di quella iridescente pena».

L’editore Giacomo Adda ha confezionato un volume di 234 pagine, su carta patinata matt da 150 gr. nel f.to 24x28, illustrato (termine che, riflettendoci un poco, è come definire panino quello che facevano le nostre mamme al cospetto di quanto produce quella catena oggi tanto in voga e, cosa impensabile, ha preso piede nella culinaria civilissima Puglia): riepilogando un piccolo scrigno offerto a € 30,00. Se poi alla vostra libreria di fiducia direte mi manda Livalca vi sarà offerto un espresso all’istante con le cialde o nel bar più vicino, il tutto poi sarà rimborsato, con gioia, dalla casa editrice Adda alle librerie.

I componenti del Gruppo Amici di San Nicola si sono impegnati ad acquistare il libro per figli e nipoti: amici attenzione che San Nicola controlla, quindi vi conviene accontentare Enrica e gridare al mondo siamo “tutti pazzi per la Puglia” e poi i tifosi veri, quelli autentici, grideranno “tutti pazzi per la Bari”.

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