Raccontare emozioni: la variante Omega di Delio De Martino


“Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso”
. (Fëdor Dostoevskij) 

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Con emozione leggo “il Covid è l’inferno dei tempi recenti, il contrasto più stridente tra i sentimenti contagiati dalla famiglia e la violenza della strada, metafora di una società che non fonda più sul rispetto della delicatezza le regole della contemporaneità.” Così scrive Raffaele Nigro in premessa al libro denso di sentimenti e passioni, timori e ansie di Delio De Martino, il giovane colto autore della raccolta “La variante Omega”, edizioni la Bussola, Roma, 2023.

Osservando da vicino il lavoro si ha subitanea la sensazione di essere dinanzi ad un “a fresco” dalle forti evocazioni rinascimentali. Ogni parte di questo mosaico ci riconduce a tutto ciò che nelle profondità dell’animo umano si annida silente pronto ad affiorare in stato di apprensione, quelle condizioni generate dall’invisibile presenza di un organismo che, data la sua potenziale letalità, ha condotto ciascuno di noi sull’orlo dell’abisso. Ma, citando Friedrich Hölderlin, possiamo affermare che “Là dove è il pericolo cresce anche ciò che salva”. E la scrittura, per coloro che sono stati in grado di rimanere a maggese, come da insegnamenti di Masud Khan, è risultata salvifica per chi scriveva e per chi leggeva. I racconti di cui si compone “La variante Omega” sono stati in gran parte pubblicati su “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Le narrazioni sono parti di quel Sé, talora celato negli angoli più oscuri dell’inconscio, che generosamente Delio pone in essere attraverso la scrittura giungendo ad una intuizione felice nella sua “in-felicità”. Che cosa è veramente la variante Omega? Che cosa è Omega se non l’ultima lettera dell’alfabeto greco. Una lettera spesso simbolo della fine in contrapposizione ad alfa, il principio. E così in Apocalisse (1,8) leggiamo: «Ego sum alpha et omega, principium et finis», come simbolo del Cristo.

L’autore di queste riflessioni che pone sulle labbra di un sottile Io narrante che attraversa tutti i racconti si ritrova a parafrasare il sommo Poeta con una sottile ironia che però disvela la verità del nostro esserci smarriti in una foresta di notizie, inganni, mezze verità, tattiche mediatiche del terrore. E così Dante si ritrova contemporaneo e noi prigionieri di una sorta di sindrome di Stendhal: “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per un virus oscuro / ché la salute mia era smarrita. / Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta pandemia mala e aspra e forte / che per lo mondo sparse la paura”. Ecco: la paura! Un modo per dominare la mente delle persone. Solo gli occhi dolci di una cagnolina all’interno di questo complesso lavoro che apre gli scenari dell’anima sembrano riportarci a quel sentimento spesso fuori uso che si chiama amore ma che dell’Amore ha perso le tracce. “Nike - scrive Delio De Martino - era una nuvola di cotone bianco e fulvo con due occhietti neri capaci di bucare l’animo con lo sguardo e in grado di leggere il passato, il presente e il futuro.” In queste riflessioni si percepisce la nostalgia del passato e anche del futuro. Un presente terrifico ha incatenato noi tutti sulla sedia dell’immobilismo senza baci o abbracci, in preda ad una persecutorietà che rendeva presente l’invisibile dovunque, perfino sulle labbra della propria madre. La citazione di Schopenhauer non è casuale: «Chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato». Che cosa restava di noi, si chiede Delio attraverso i protagonisti di questi avvincenti racconti.

In premessa Raffaele Nigro appositamente in piena cognizione di causa scrive: “… Eppure, Alessandro, Delio, Donato, ci fanno capire che esistono anime semplici, che forse sono tutte semplici le anime in procinto di formarsi e di accogliere sulla tavola integra dell’io regole e dati formativi e deformanti del mondo esterno. Per loro un bacio è un bacio.” Certamente un bacio è un bacio con tutto il suo valore di prendere dentro si sé l’anima dell’altro. Ma “Re Covid 19”, come da me è stato sarcasticamente definito, aveva ormai occupato gli spazi della consapevolezza dell’essere perfino nell’hic et nunc per cui nelle abili narrazioni di Delio nulla esiste se non il dominio dell’ombra inquietante della Morte. La variante Omega è la metafora del capolinea dove sono giunti coloro che da gran tempo erano stati in modo subliminale preparati alla cieca obbedienza, incapaci di ascoltare se stessi, persi nel labirinto dell’ignoto. E così leggiamo che “Era arrivato il suo turno. Toccava a Luca. Aveva perso il nonno e il padre era finito in terapia intensiva. Li avevano ricoverati entrambi alla Fiera del Levante, il quartiere di Bari, centro del passeggio settembrino. Da sempre era la consolazione dei baresi che tornavano dalle vacanze. Chiuso il capitolo mare, si attendeva con ansia una passeggiata tra stand e novità del padiglione delle nazioni, tra spuntini e zucchero filato, alla ricerca di qualche oggetto particolare da portarsi dietro. Ora era stato trasformato in Covid hospital. Era il cuore della sofferenza di tutta la regione. Ma anche il centro della speranza di poter guarire e nei mesi successivi di poter fare il vaccino”. Tra il dolore e la speranza si snoda questo “a fresco” che attraverso le parole delinea in pienezza l’angoscia dinanzi alla realtà. Era crollata ogni illusione: “aveva perso il nonno” … dunque la radice non c’era più e la continuità diveniva flebile, evanescente. 

Per non dire poi della plasticità del racconto di quella violenza agita attraverso il “tampone”: “Pieghi un poco indietro la testa. Il tampone entrò nelle narici come se volesse conficcare tutta l’angoscia che gli aveva bloccato ogni pensiero”. Nulla di più vero in questa narrazione che pone a nudo ogni momento di questa esperienza che certo non ha reso migliore gran parte delle persone sentitesi private di ogni cosa in un mondo abituato artatamente al più bieco consumismo. D’altra parte è sufficiente osservare che cosa in questo anno si è fatto del Natale. 

“Siamo tutti costruttori di ponti. Tra noi e l’infinito” si legge nel racconto “Paradosso”. Profondamente vero: siamo tutti interconnessi. Una interconnessione che sfugge alla mente umana, ma che in ogni caso è stata messa a dura prova. In questi giorni noto che il periodo pandemico tende ad essere negato: e invece è necessario ricordare per poter elaborare vissuti profondi nella speranza di ritrovare la nostra perduta umanità. In copertina il noto artista Michele Damiani, da par suo, esprime cromaticamente e figurativamente la tensione emotiva che non ha risparmiato nessuno. Grazie Delio per questo dono intriso della speranza di ricominciare dall’“alfa”.
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