“Dipingo i misteri degli abissi marini”. Parla Cesare Piscopo, pittore e poeta
FRANCESCO GRECO. PARABITA (LE) – “Sono Nato a Parabita, sono pittore e poeta. Dopo il liceo artistico mi sono laureato all'Accademia di Belle Arti di Lecce. Sono un ex professore di Educazione Artistica…”.
Il mare è il soggetto preferito della sua pittura, mentre i suoi versi di abbagliante nitore sembrano scaturire magicamente dalla solitudine cosmica, il destino di tutti noi.
Ha pubblicato: Fili d'erba” (1996), “Dal profondo Sud” (1998), con prefazione di Mario De Marco, “Il mare dell'amore” (2006), “Messaggi dal mare” (2007) e l'antologia “Sotto le silenziose nuvole un mare di pensieri” (2009), summa della produzione precedente.
Pittore e poeta, Cesare Piscopo si racconta in questa intervista. “Fin da bambino ho manifestato una grande passione per il disegno e la pittura. Ho esposto i miei quadri in mostre personali e collettive, in diverse città italiane. Le mie opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Vivo tra Parabita e il mare del “Ciolo”, sull’Adriatico, fra Otranto e S. Maria di Leuca.
Cosa intende per pittura?
“E’ un linguaggio artistico che si realizza mediante la stesura di pigmenti colorati su una superficie piana. Dalla sua comparsa, nel Paleolitico, essa ha assunto finalità diverse: simbolica, espressiva, evocativa, decorativa, celebrativa e narrativa. A secondo dei supporti su cui è eseguita, si distingue in pittura murale (affreschi, murales) da quella di cavalletto (carta, cartone, tela, legno, metallo), realizzata cioè su un supporto mobile. Dal punto di vista concettuale, per me è un viaggio, e i miei quadri sono le diverse tappe di questo viaggio”.
Secondo lei, chi è il pittore?
“Per Leonardo da Vinci, il pittore è padrone di tutte le cose che possono essere pensate dall'uomo; ciò che esiste nell'Universo, il pittore l'ha prima nella mente, poi nelle mani.
Per quanto mi riguarda, ogni pittore interpreta e rappresenta in modo diverso le sue esperienze, utilizzando il linguaggio pittorico in modo personale e creativo.
Bisogna aggiungere che le opere d'arte visiva non nascono soltanto da ciò che l'artista vede realmente, ma anche dalla sua capacità di elaborare le immagini mentali, cioè di vedere quello che non c’è, di vedere con il pensiero: di immaginare.
Si può infine confrontare cose reali con cose immaginate e creare una sintesi. Si può anche arrivare alla posizione limite di rifiutare la realtà tangibile, che si può osservare, accettando un'altra realtà, quella del sogno e del mondo fantastico.
Oppure rigettare qualsiasi tipo di realtà soffermandosi solo sui valori che sono presenti sulla superficie del quadro, colori materiali e forme che costituiscono un Universo autonomo, armonioso, in cui si possono rintracciare idee ed emozioni dell'autore”.
E dunque, cos’è un’opera per lei?
“Si possono dare risposte diverse ma altrettanto significative. Un quadro, ma non soltanto un'opera pittorica, a qualsiasi tempo o luogo appartenga, è innanzitutto una forma originale che nasce dalla creatività e sensibilità di un autore.
In esso, c’è tutto il mondo e la sensibilità dell'artista; c’è il riflesso della cultura e della società in cui nasce. Esso, in quanto oggetto estetico, parla un linguaggio universale, al di là del tempo e delle mode, quello delle forme e dei colori.
Un dipinto, in generale, è una comunicazione aperta, capace cioè di ‘parlare’ a chi lo osserva, di comunicare un contenuto attraverso la forma. Così com’è ricca e complessa la vita dell'umanità, altrettanto lo sono le opere d'arte, le quali sono aperte a infinite interpretazioni.
Dal punto di vista economico, il quadro, l'opera d’arte, non soddisfa i bisogni primari. È un oggetto estetico, un bene di lusso ma anche e soprattutto un prodotto dello spirito, e come tale ci arricchisce e rende la vita più completa e bella.
Questo è il motivo per cui quando viaggiamo e ci troviamo in una città straniera, siamo spinti dal desiderio di entrare in un museo o in una pinacoteca. Dopo la visita ci sentiamo più appagati e felici. Certo, non tutto ciò che appare bello e interessante lo è veramente. Bisogna essere sufficientemente critici e informati”.
Qual è il modo più completo e significativo per accostarsi a un dipinto?
“Per comprendere a fondo un'opera pittorica bisogna tener conto sia del rapporto emotivo che si instaura fra dipinto e osservatore, sia della capacità di lettura del linguaggio pittorico. Il primo fattore è determinato dalle sensazioni che si provano a livello strettamente personale, per cui non è possibile stabilire un metodo di analisi.
Per il secondo, invece, che si basa su una lettura più tecnica, è possibile seguire un metodo. Bisogna partire dal presupposto che il quadro possiede un linguaggio tutto suo. Questo linguaggio è fatto di colori, forme, linee, composizione, equilibrio, ritmo, armonia, tecniche e simboli, tutti elementi che concorrono a esprimere il pensiero dell'artista, la sua personale interpretazione del tema o soggetto prescelto.
In certi casi, per quanto il nostro studio sia attento, non raggiungiamo una completa comprensione: ciò accade perché le opere d'arte danno forma in modo unico e straordinario alla sensibilità e ai sentimenti di un autore.
Può capitare di guardare un dipinto a distanza di tempo e scoprirvi ogni volta qualcosa che prima ci era sfuggita. È come se un quadro si rivelasse lentamente, non solo perché la nostra sensibilità matura con il tempo, ma anche perché, con il passare degli anni, si arricchiscono le nostre conoscenze su un artista e sull’arte in generale”.
Il tema centrale del suo discorso artistico è basato sull’interpretazione del paesaggio marino. Se dovesse organizzare una mostra, come presenterebbe i suoi quadri?
“Il fascino del paesaggio naturale è sempre stato avvertito in modo speciale dagli artisti. Dipingendo all'aperto o lavorando nella quiete dei propri laboratori, essi lo hanno studiato e interpretato in vari modi, osservandone le forme, i colori, lo spazio, la luce e le ombre, arricchendolo di richiami e significati simbolici, oppure rendendolo un soggetto in grado di comunicare stati d'animo o una particolare visione del mondo.
Ovviamente, il paesaggio può essere soltanto immaginato in base a ricordi, letture, rielaborazioni della fantasia, emozioni lontane dalla realtà.
Tema ricorrente nella mia pittura è il paesaggio marino, quello mitico, costituito dal mare e dal cielo. Una natura spoglia in cui l'uomo, l'artista, è presente con le sue inquietudini esistenziali, partecipe del respiro cosmico. Ricco di contrasti cromatici dovuti alla intensa luce del giorno, oppure immerso nella semioscurità lieve e modulata del crepuscolo, o più autentico e vero di notte, quando le forme si dissolvono in uno spazio che si spalanca verso l’Universo indefinito e illimitato, il paesaggio marino, specie quello salentino, suscita in chi l'osserva forti emozioni e passioni violente.
I miei dipinti, nati da una serie di schizzi eseguiti sul posto, dal ricordo o dal suggerimento della fantasia, non sono vedute o panorami nel senso classico, piuttosto esprimono la mia volontà di entrare in una specie di contatto ideale con i luoghi immaginati.
Il cielo e il mare sono essenziali alla vita sul nostro pianeta. Il cielo accompagna la nostra esistenza, anche se non sempre ne siamo consapevoli: il suo colore cambia in relazione alle condizioni meteorologiche, alla posizione del sole nell'arco della giornata, alle stagioni. Il mare ha sempre affascinato l'uomo per le sue caratteristiche: la vastità, la mutevolezza del colore (che dipende dalla luce del cielo), il movimento delle onde, il mistero dei suoi abissi.
Il segno/colore fluido, spontaneo, quasi abbozzato, caratterizza questo mio essere tutt'uno con la Natura, fino a identificarmi con essa; conscio che nulla è assolutamente compiuto, tutto è in divenire.
Ogni istante della nostra vita è un momento diverso: tutto si trasforma. Anche l’arte subisce la stessa sorte: ogni quadro è un ciclo vitale concluso, sempre diverso.
Come le onde del mare, i miei paesaggi si trasformano variando, mossi da un unico obiettivo: trasfigurare la realtà in sentimento”.
La tradizione è importante?
“Molto importante. Attingo alla tradizione pittorica del paesaggio, non solo a quella recente. Nello stesso tempo, tento di affermare la mia personalità, la mia visione, cercando nuove soluzioni.
Soprattutto cerco di superare il già visto e conosciuto, creando ex novo, pur rimanendo nell'ambito della riconoscibilità del reale”.
Si considera un artista antiaccademico?
“Sì. Buona parte della mia produzione artistica è anticonvenzionale; perché rifiuto il concetto di arte inteso come pura imitazione della realtà; perché vi è in me una totale indifferenza verso il dipinto finito e accuratamente eseguito; perché la mia pennellata è caratterizzata da istintività e passionalità; infine, perché non amo ripetermi, essendo ogni dipinto il riflesso della mia vita, e la vita è sempre diversa”.
Crede di essere un artista apprezzato?
“La cosa mi lascia quasi del tutto indifferente. Mi capita spesso di ascoltare giudizi estetici del tutto superficiali, perché derivanti da una scarsa o inesistente cultura artistica e visiva di base, a cui si aggiungono radicati e secolari pregiudizi.
Un quadro non si può soltanto giudicare attraverso espressioni come ‘mi piace’ o ‘non mi piace’, oppure ‘sembra vero’.
Senza dubbio, il gusto e altri elementi culturali e psicologici, possono orientare una persona verso quella o quell'altra tendenza, ma si deve ammettere che, pur nella relatività dei valori acquisiti, è soltanto l’osservatore più preparato che riesce a percepire in maniera più completa e significativa un’opera d’arte”.
Per lei è importante la questione dello stile, il modo in cui il pittore si fa riconoscere?
“A questa domanda, un antico pittore cinese rispose: Il mio stile è quello di non averne alcuno. Tornando a me: non ho alcun interesse a voler essere immediatamente riconosciuto. Voglio sentirmi autenticamente libero dipingendo con spontaneità: ciò mi riporta alla mia vera natura e a quella cui mi ispiro. Essere se stessi significa affondare alle radici dell'essere ed esprimere spontaneamente, senza costrizioni, la vitalità del proprio mondo interiore.
Dirò di più: l'arte dovrebbe nascere con la naturalezza di un gioco infantile. Già dal secolo scorso il rifiuto di ogni oppressione è diventata un'esigenza sempre più diffusa per gli artisti, i quali hanno cercato di liberarsi di tutte le costrizioni che potevano imprigionarli. E, senza rendersene conto, hanno ritrovato quella totale indipendenza nel fare che hanno i bambini nei loro giochi. Per i bambini i colori sono forme, sentimenti, figure: sono un modo straordinario per modificare e arricchire il mondo che hanno intorno”.
Suo padre era un preside di scuola media e per hobby praticava la speleologia, l’antiquariato, la pittura e la scultura ed era considerato un bravo artista. Com'era il rapporto fra di voi?
“Mio padre era portato per carattere a imporre certe visioni. Non lasciava facilmente agli altri l'iniziativa e io, per diversi anni, non mi sono sentito veramente libero né autonomo nelle scelte. Tuttavia, nonostante la mia timidezza, laddove è stato possibile, ho sempre imposto la mia personalità.
Racconterò un episodio che risale a tanti anni fa, quando frequentavo la terza classe elementare. Era stato indetto un concorso scolastico e veniva premiato il migliore disegno per ogni classe. Io avevo informato mio padre; lui fece un disegno e me lo consegnò. Io ne fui deluso: chi credeva di essere quell'uomo da osare tanto? In fin dei conti ero sempre stato il migliore disegnatore della classe! Cancellai tutto, feci il mio disegno e lo colorai. E vinsi il concorso!”.
I suoi paesaggi, senza figure umane e senza un luogo di riferimento, sembrano desolati e qualche volta con una sottile vena malinconica. E' un’osservazione giusta?
“Il paesaggio marino da me dipinto, la visione del mare, può avere una lettura relativa a un mare arcaico, ancora lontano dalla comparsa dell'uomo sul pianeta Terra. Oggi la bellezza di un mare incontaminato è un sogno. Vittima e carnefice nello stesso tempo, l'uomo è artefice di profonde alterazioni e contaminazioni ambientali.
Dobbiamo considerare che lo sviluppo tecnologico e il presunto progresso umano possono solo realizzarsi in armonia e in equilibrio con l'ambiente, quello fisico e quello sociale. Tuttavia, rimanendo in ambito estetico, come ha dichiarato lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, ‘La bellezza è anche il sentimento della tristezza, della desolazione. La bellezza non è solo bellezza, ma enigma, mistero’.
Aggiungo anche che nelle opere d’arte c'è sempre un po' di felicità, anche se sembrano nate dalla disperazione. Gli artisti riversano in quello che fanno le verità più profonde degli esseri umani, e nel fare questo provano una grande gioia che tutti possono sentire. Inoltre, attraverso la pittura cerco di stimolare una riflessione critica sull’ambiente che ci circonda e ad attivare un dialogo sulla nostra relazione con la Natura”.
La potremmo definire un pittore neoromantico?
“Sì. Spesso nella mia pittura di paesaggio rintraccio un’istintiva propensione verso il sublime, il sentimento del sublime, in cui la natura stessa appare oscura, informe, misteriosa: non si lascia catturare da forme precise e nette, ma è travolgente, con visioni grandiose e a volte spaventose.
A parte la sua naturale propensione all'introspezione, a quale grande pittore si sente più vicino?
“Soprattutto a Van Gogh, per l’intensa indagine psicologica basata soprattutto sulla ricerca interiore. La sua pennellata e il colore vibrante esprimono i moti dell'anima davanti alla realtà. Van Gogh, dipingendo la sua angoscia, aprì la strada all'espressionismo moderno e insegnò che la pittura può essere comunicazione dei propri sentimenti, gioiosi o disperati”.
A un giovane gallerista che consigli darebbe?
“Di studiare la Storia dell'Arte, di valorizzare i bravi artisti locali, viventi e non, e di avere coraggio nelle scelte”.
E a un politico?
“Di valorizzare, conservare e mettere al servizio del pubblico, in maniera stabile, adeguata e funzionale, tutto ciò che è espressione della cultura del luogo.
Si offrirà così l’opportunità di educare al gusto, di far crescere il rispetto per tutto ciò che di valido culturalmente è stato fatto e si continua a fare per il territorio.Possono nascere anche occasioni di lavoro per i giovani e il turista informato può sostare, visitare e lasciare il suo piccolo contributo economico”.
E’ pronto a invitare alla sua prossima mostra 500 persone e poi a vederne 10?
“Sono pronto…”.
E saprebbe spiegare le cause di tale indifferenza?
“Non saprei, però mi viene in mente la mancanza di rispetto, di sensibilità e di curiosità intellettuale per tutto ciò che gli altri realizzano e che comunque riguarda un prodotto culturale”.
In che modo concludere l’intervista?
“Baudelaire ha scritto: ‘Uomo libero amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio, tu contempli la tua anima nell'infinito svolgersi dell'onda. Il mare è anche la mia storia, la mia esperienza, un brano di me stesso: lo specchio della mia anima…”.
Il mare è il soggetto preferito della sua pittura, mentre i suoi versi di abbagliante nitore sembrano scaturire magicamente dalla solitudine cosmica, il destino di tutti noi.
Ha pubblicato: Fili d'erba” (1996), “Dal profondo Sud” (1998), con prefazione di Mario De Marco, “Il mare dell'amore” (2006), “Messaggi dal mare” (2007) e l'antologia “Sotto le silenziose nuvole un mare di pensieri” (2009), summa della produzione precedente.
Pittore e poeta, Cesare Piscopo si racconta in questa intervista. “Fin da bambino ho manifestato una grande passione per il disegno e la pittura. Ho esposto i miei quadri in mostre personali e collettive, in diverse città italiane. Le mie opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Vivo tra Parabita e il mare del “Ciolo”, sull’Adriatico, fra Otranto e S. Maria di Leuca.
Cosa intende per pittura?
“E’ un linguaggio artistico che si realizza mediante la stesura di pigmenti colorati su una superficie piana. Dalla sua comparsa, nel Paleolitico, essa ha assunto finalità diverse: simbolica, espressiva, evocativa, decorativa, celebrativa e narrativa. A secondo dei supporti su cui è eseguita, si distingue in pittura murale (affreschi, murales) da quella di cavalletto (carta, cartone, tela, legno, metallo), realizzata cioè su un supporto mobile. Dal punto di vista concettuale, per me è un viaggio, e i miei quadri sono le diverse tappe di questo viaggio”.
Secondo lei, chi è il pittore?
“Per Leonardo da Vinci, il pittore è padrone di tutte le cose che possono essere pensate dall'uomo; ciò che esiste nell'Universo, il pittore l'ha prima nella mente, poi nelle mani.
Per quanto mi riguarda, ogni pittore interpreta e rappresenta in modo diverso le sue esperienze, utilizzando il linguaggio pittorico in modo personale e creativo.
Bisogna aggiungere che le opere d'arte visiva non nascono soltanto da ciò che l'artista vede realmente, ma anche dalla sua capacità di elaborare le immagini mentali, cioè di vedere quello che non c’è, di vedere con il pensiero: di immaginare.
Si può infine confrontare cose reali con cose immaginate e creare una sintesi. Si può anche arrivare alla posizione limite di rifiutare la realtà tangibile, che si può osservare, accettando un'altra realtà, quella del sogno e del mondo fantastico.
Oppure rigettare qualsiasi tipo di realtà soffermandosi solo sui valori che sono presenti sulla superficie del quadro, colori materiali e forme che costituiscono un Universo autonomo, armonioso, in cui si possono rintracciare idee ed emozioni dell'autore”.
E dunque, cos’è un’opera per lei?
“Si possono dare risposte diverse ma altrettanto significative. Un quadro, ma non soltanto un'opera pittorica, a qualsiasi tempo o luogo appartenga, è innanzitutto una forma originale che nasce dalla creatività e sensibilità di un autore.
In esso, c’è tutto il mondo e la sensibilità dell'artista; c’è il riflesso della cultura e della società in cui nasce. Esso, in quanto oggetto estetico, parla un linguaggio universale, al di là del tempo e delle mode, quello delle forme e dei colori.
Un dipinto, in generale, è una comunicazione aperta, capace cioè di ‘parlare’ a chi lo osserva, di comunicare un contenuto attraverso la forma. Così com’è ricca e complessa la vita dell'umanità, altrettanto lo sono le opere d'arte, le quali sono aperte a infinite interpretazioni.
Dal punto di vista economico, il quadro, l'opera d’arte, non soddisfa i bisogni primari. È un oggetto estetico, un bene di lusso ma anche e soprattutto un prodotto dello spirito, e come tale ci arricchisce e rende la vita più completa e bella.
Questo è il motivo per cui quando viaggiamo e ci troviamo in una città straniera, siamo spinti dal desiderio di entrare in un museo o in una pinacoteca. Dopo la visita ci sentiamo più appagati e felici. Certo, non tutto ciò che appare bello e interessante lo è veramente. Bisogna essere sufficientemente critici e informati”.
Qual è il modo più completo e significativo per accostarsi a un dipinto?
“Per comprendere a fondo un'opera pittorica bisogna tener conto sia del rapporto emotivo che si instaura fra dipinto e osservatore, sia della capacità di lettura del linguaggio pittorico. Il primo fattore è determinato dalle sensazioni che si provano a livello strettamente personale, per cui non è possibile stabilire un metodo di analisi.
Per il secondo, invece, che si basa su una lettura più tecnica, è possibile seguire un metodo. Bisogna partire dal presupposto che il quadro possiede un linguaggio tutto suo. Questo linguaggio è fatto di colori, forme, linee, composizione, equilibrio, ritmo, armonia, tecniche e simboli, tutti elementi che concorrono a esprimere il pensiero dell'artista, la sua personale interpretazione del tema o soggetto prescelto.
In certi casi, per quanto il nostro studio sia attento, non raggiungiamo una completa comprensione: ciò accade perché le opere d'arte danno forma in modo unico e straordinario alla sensibilità e ai sentimenti di un autore.
Può capitare di guardare un dipinto a distanza di tempo e scoprirvi ogni volta qualcosa che prima ci era sfuggita. È come se un quadro si rivelasse lentamente, non solo perché la nostra sensibilità matura con il tempo, ma anche perché, con il passare degli anni, si arricchiscono le nostre conoscenze su un artista e sull’arte in generale”.
Il tema centrale del suo discorso artistico è basato sull’interpretazione del paesaggio marino. Se dovesse organizzare una mostra, come presenterebbe i suoi quadri?
“Il fascino del paesaggio naturale è sempre stato avvertito in modo speciale dagli artisti. Dipingendo all'aperto o lavorando nella quiete dei propri laboratori, essi lo hanno studiato e interpretato in vari modi, osservandone le forme, i colori, lo spazio, la luce e le ombre, arricchendolo di richiami e significati simbolici, oppure rendendolo un soggetto in grado di comunicare stati d'animo o una particolare visione del mondo.
Ovviamente, il paesaggio può essere soltanto immaginato in base a ricordi, letture, rielaborazioni della fantasia, emozioni lontane dalla realtà.
Tema ricorrente nella mia pittura è il paesaggio marino, quello mitico, costituito dal mare e dal cielo. Una natura spoglia in cui l'uomo, l'artista, è presente con le sue inquietudini esistenziali, partecipe del respiro cosmico. Ricco di contrasti cromatici dovuti alla intensa luce del giorno, oppure immerso nella semioscurità lieve e modulata del crepuscolo, o più autentico e vero di notte, quando le forme si dissolvono in uno spazio che si spalanca verso l’Universo indefinito e illimitato, il paesaggio marino, specie quello salentino, suscita in chi l'osserva forti emozioni e passioni violente.
I miei dipinti, nati da una serie di schizzi eseguiti sul posto, dal ricordo o dal suggerimento della fantasia, non sono vedute o panorami nel senso classico, piuttosto esprimono la mia volontà di entrare in una specie di contatto ideale con i luoghi immaginati.
Il cielo e il mare sono essenziali alla vita sul nostro pianeta. Il cielo accompagna la nostra esistenza, anche se non sempre ne siamo consapevoli: il suo colore cambia in relazione alle condizioni meteorologiche, alla posizione del sole nell'arco della giornata, alle stagioni. Il mare ha sempre affascinato l'uomo per le sue caratteristiche: la vastità, la mutevolezza del colore (che dipende dalla luce del cielo), il movimento delle onde, il mistero dei suoi abissi.
Il segno/colore fluido, spontaneo, quasi abbozzato, caratterizza questo mio essere tutt'uno con la Natura, fino a identificarmi con essa; conscio che nulla è assolutamente compiuto, tutto è in divenire.
Ogni istante della nostra vita è un momento diverso: tutto si trasforma. Anche l’arte subisce la stessa sorte: ogni quadro è un ciclo vitale concluso, sempre diverso.
Come le onde del mare, i miei paesaggi si trasformano variando, mossi da un unico obiettivo: trasfigurare la realtà in sentimento”.
La tradizione è importante?
“Molto importante. Attingo alla tradizione pittorica del paesaggio, non solo a quella recente. Nello stesso tempo, tento di affermare la mia personalità, la mia visione, cercando nuove soluzioni.
Soprattutto cerco di superare il già visto e conosciuto, creando ex novo, pur rimanendo nell'ambito della riconoscibilità del reale”.
Si considera un artista antiaccademico?
“Sì. Buona parte della mia produzione artistica è anticonvenzionale; perché rifiuto il concetto di arte inteso come pura imitazione della realtà; perché vi è in me una totale indifferenza verso il dipinto finito e accuratamente eseguito; perché la mia pennellata è caratterizzata da istintività e passionalità; infine, perché non amo ripetermi, essendo ogni dipinto il riflesso della mia vita, e la vita è sempre diversa”.
Crede di essere un artista apprezzato?
“La cosa mi lascia quasi del tutto indifferente. Mi capita spesso di ascoltare giudizi estetici del tutto superficiali, perché derivanti da una scarsa o inesistente cultura artistica e visiva di base, a cui si aggiungono radicati e secolari pregiudizi.
Un quadro non si può soltanto giudicare attraverso espressioni come ‘mi piace’ o ‘non mi piace’, oppure ‘sembra vero’.
Senza dubbio, il gusto e altri elementi culturali e psicologici, possono orientare una persona verso quella o quell'altra tendenza, ma si deve ammettere che, pur nella relatività dei valori acquisiti, è soltanto l’osservatore più preparato che riesce a percepire in maniera più completa e significativa un’opera d’arte”.
Per lei è importante la questione dello stile, il modo in cui il pittore si fa riconoscere?
“A questa domanda, un antico pittore cinese rispose: Il mio stile è quello di non averne alcuno. Tornando a me: non ho alcun interesse a voler essere immediatamente riconosciuto. Voglio sentirmi autenticamente libero dipingendo con spontaneità: ciò mi riporta alla mia vera natura e a quella cui mi ispiro. Essere se stessi significa affondare alle radici dell'essere ed esprimere spontaneamente, senza costrizioni, la vitalità del proprio mondo interiore.
Dirò di più: l'arte dovrebbe nascere con la naturalezza di un gioco infantile. Già dal secolo scorso il rifiuto di ogni oppressione è diventata un'esigenza sempre più diffusa per gli artisti, i quali hanno cercato di liberarsi di tutte le costrizioni che potevano imprigionarli. E, senza rendersene conto, hanno ritrovato quella totale indipendenza nel fare che hanno i bambini nei loro giochi. Per i bambini i colori sono forme, sentimenti, figure: sono un modo straordinario per modificare e arricchire il mondo che hanno intorno”.
Suo padre era un preside di scuola media e per hobby praticava la speleologia, l’antiquariato, la pittura e la scultura ed era considerato un bravo artista. Com'era il rapporto fra di voi?
“Mio padre era portato per carattere a imporre certe visioni. Non lasciava facilmente agli altri l'iniziativa e io, per diversi anni, non mi sono sentito veramente libero né autonomo nelle scelte. Tuttavia, nonostante la mia timidezza, laddove è stato possibile, ho sempre imposto la mia personalità.
Racconterò un episodio che risale a tanti anni fa, quando frequentavo la terza classe elementare. Era stato indetto un concorso scolastico e veniva premiato il migliore disegno per ogni classe. Io avevo informato mio padre; lui fece un disegno e me lo consegnò. Io ne fui deluso: chi credeva di essere quell'uomo da osare tanto? In fin dei conti ero sempre stato il migliore disegnatore della classe! Cancellai tutto, feci il mio disegno e lo colorai. E vinsi il concorso!”.
I suoi paesaggi, senza figure umane e senza un luogo di riferimento, sembrano desolati e qualche volta con una sottile vena malinconica. E' un’osservazione giusta?
“Il paesaggio marino da me dipinto, la visione del mare, può avere una lettura relativa a un mare arcaico, ancora lontano dalla comparsa dell'uomo sul pianeta Terra. Oggi la bellezza di un mare incontaminato è un sogno. Vittima e carnefice nello stesso tempo, l'uomo è artefice di profonde alterazioni e contaminazioni ambientali.
Dobbiamo considerare che lo sviluppo tecnologico e il presunto progresso umano possono solo realizzarsi in armonia e in equilibrio con l'ambiente, quello fisico e quello sociale. Tuttavia, rimanendo in ambito estetico, come ha dichiarato lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, ‘La bellezza è anche il sentimento della tristezza, della desolazione. La bellezza non è solo bellezza, ma enigma, mistero’.
Aggiungo anche che nelle opere d’arte c'è sempre un po' di felicità, anche se sembrano nate dalla disperazione. Gli artisti riversano in quello che fanno le verità più profonde degli esseri umani, e nel fare questo provano una grande gioia che tutti possono sentire. Inoltre, attraverso la pittura cerco di stimolare una riflessione critica sull’ambiente che ci circonda e ad attivare un dialogo sulla nostra relazione con la Natura”.
La potremmo definire un pittore neoromantico?
“Sì. Spesso nella mia pittura di paesaggio rintraccio un’istintiva propensione verso il sublime, il sentimento del sublime, in cui la natura stessa appare oscura, informe, misteriosa: non si lascia catturare da forme precise e nette, ma è travolgente, con visioni grandiose e a volte spaventose.
Con questo voglio collegarmi alla pittura romantica che nella Natura non cercava una bellezza statica e armonica, ma dinamica, in divenire, dunque disarmonica, nella misura in cui il bello può scaturire anche dal brutto, la forma dall'informe e viceversa”.
A parte la sua naturale propensione all'introspezione, a quale grande pittore si sente più vicino?
“Soprattutto a Van Gogh, per l’intensa indagine psicologica basata soprattutto sulla ricerca interiore. La sua pennellata e il colore vibrante esprimono i moti dell'anima davanti alla realtà. Van Gogh, dipingendo la sua angoscia, aprì la strada all'espressionismo moderno e insegnò che la pittura può essere comunicazione dei propri sentimenti, gioiosi o disperati”.
A un giovane gallerista che consigli darebbe?
“Di studiare la Storia dell'Arte, di valorizzare i bravi artisti locali, viventi e non, e di avere coraggio nelle scelte”.
E a un politico?
“Di valorizzare, conservare e mettere al servizio del pubblico, in maniera stabile, adeguata e funzionale, tutto ciò che è espressione della cultura del luogo.
Si offrirà così l’opportunità di educare al gusto, di far crescere il rispetto per tutto ciò che di valido culturalmente è stato fatto e si continua a fare per il territorio.Possono nascere anche occasioni di lavoro per i giovani e il turista informato può sostare, visitare e lasciare il suo piccolo contributo economico”.
E’ pronto a invitare alla sua prossima mostra 500 persone e poi a vederne 10?
“Sono pronto…”.
E saprebbe spiegare le cause di tale indifferenza?
“Non saprei, però mi viene in mente la mancanza di rispetto, di sensibilità e di curiosità intellettuale per tutto ciò che gli altri realizzano e che comunque riguarda un prodotto culturale”.
In che modo concludere l’intervista?
“Baudelaire ha scritto: ‘Uomo libero amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio, tu contempli la tua anima nell'infinito svolgersi dell'onda. Il mare è anche la mia storia, la mia esperienza, un brano di me stesso: lo specchio della mia anima…”.