“Medi@evo” tradito


FRANCESCO GRECO
- “Secoli bui”, “Siamo tornati al Medioevo”, “Il Medioevo dello scontento…”. “Regressione sociale da Medioevo”.

Avesse registrato il copyright, oggi il Grande Vecchio dei luoghi comuni in materia sarebbe ricco sfondato. Anche se la scansione temporale avrebbe dovuto scoraggiarlo: come può un periodo storico durato mille anni (476-1492) essere ridotto ad unicum, schiacciato sotto una sola declinazione oscurantista, semanticamente affollato di cupezza, senza alcuna iperbole di luce, fra Stati nazionali e Chiesa, monasteri, castelli e sovrane/i, guerre di religione, arte, mercanti, commerci, vassalli e valvassori, mecenati e quant’altro?

“Se il centrodestra abolirà le unioni civili l’Italia tornerà al Medioevo”, (Valeria Fedeli, ministro della P. I.).

A meno che non sia scattato, anche inconsciamente, un meccanismo perverso: per negare il nostro Medioevo, scarichiamo i pregiudizi e l’energia negativa su quello alle spalle. Infantili giochi di società.

“…barbari violenti e incivili per antonomasia...”.

Il Medioevo è tutto e l’esatto contrario. A seconda della password che si usa per decodificarlo. Carlo Magno si fa incoronare Imperatore la Notte di Natale dell’800 (si dice che strappò la corona dalle mani del Papa), Federico di Svevia, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, l’11 febbraio 1229, si reca nel deserto egizio sotto la tenda del Sultano Al-Kamil in piena bufera delle Crociate (la sesta).

“La Russia vuole un nuovo Medioevo”, (Antonio Tajani, ministro degli Esteri).

In piena epoca revisionista, in cui si riaprono le pagine della Storia per riempirle di robaccia propagandistica e fake news, con riletture spesso deliranti, psicopatiche, talvolta servili, ad usum delphini, Marco Brando cerca di formattare le locuzioni più grottesche e gli stereotipi banali (per tutti ci vorrebbe la Treccani) sedimentate nell’immaginario, di continuo rilanciate in automatico dai media, divenendo in tal modo devastanti in termini pedagogici.

“La storia raccontata dal film (Barbarossa, ndr)” è profondamente falsa…”, Franco Cardini.

Ecco allora “Medi@evo” (L’età di mezzo nei media italiani) di Marco Brando, Salerno Editrice, Roma 2025, pp. 176, euro 17,00, collana “Piccoli saggi”, prefazione di Marina Gazzini, che – offrendo in tal modo un algoritmo per la lettura in un mondo liquido e multipolare - avvisa subito che “…viene messo in piazza un Medioevo che non c’è, in nome di un’improbabile verità, volutamente occultata perché non funzionale alle strategie di affermazione dei poteri forti, in particolar modo occidentali, che a lungo hanno dominato una buona fetta del mondo”.

“I vitalizi sono un privilegio medievale”, Luigi Di Maio.

Occorre dire che Brando si affida a una possente bibliografia trasversale ai media e che il suo sguardo è polisemico: storico, politico, sociale, antropologico, sociologico, economico, spirituale, etico e quant’altro, ma tutti questi livelli convergono verso un’unica meta: rileggere l’età di mezzo, restituirla alla sua filologia e semantica, ai significati significanti, non più come rozzamente decodificata “anticamera dell’inferno”.

“Oggi pensiamo al Medioevo più come a una categoria semantica che a un’epoca storica”, Jennifer Guerra.

I politici e i giornalisti sono i “donatori” più generosi di spazzatura, quelli che offrono i materiali più sconcertanti, svelando un’ignoranza crassa.

Per i primi si dirà: sono votati dalla gente. Ciò depone a sfavore del popolo, che si affida a siffatti rappresentanti, in un circuito ozioso arricchito dalle gemmazioni mediatiche, che indebolisce la sovrastruttura delle istituzioni, la percezione della democrazia, il senso di comunità e della condivisione di un unico immaginario collettivo.

“Il Medioevo ha dato al mondo Dante, le cattedrali gotiche, i comuni e i primi stati europei…”, dalla Rete.

Per il resto, ci fermiamo qui invitando il lettore a gustare in solitudine, pagina dopo pagina, le letture soggettive del Medioevo che Brando ha estratto, ripetiamo, da ogni genere di media, inclusi i commenti della gente sui social media.

In tempi così cupi, si direbbe, per restare in tema, “medievali”, un po’ di buonumore rasserena i nostri amari giorni. Mica c’è solo il cabaret…