LIBRI. 'Bello di giorno', figlio della globalizzazione

di FRANCESCO GRECO - “Non sarebbe stata l’idea di prostituirmi a privarmi della dignità, lo era piuttosto l’assenza di emancipazione, per cui avevo tutto da guadagnare e nulla da perdere”. Tutto è nella premessa. La prostituzione maschile al tempo della globalizzazione, della ristrutturazione del capitalismo post-industriale, che si traduce in precarietà, il “calcetto”, la non meritocrazia, vite devastate, fughe all’estero, l’impossibilità di organizzarsi una vita un po’ normale, la merce al centro di tutto e l’uomo sullo sfondo, a far da tappezzeria, la scala dei valori sconvolta, la morale cattolica, che faceva da collante sociale, prosciugata. D’istinto vengono alla mente le opere di H. Bosch.
 
Non è un libro facile “Il numero uno” (Confessioni di un marchettaro), di Francesco Mangiacapra, con Mario Gelardi (collana “Parliamone”, prefazione di Pino Strabioli), Iacobelli Editore, Roma, pp. 224, euro 14. Non lo è perché l’autore – dice Gelardi in prefazione è “figlio dell’inflazione dei titoli di studio, della disoccupazione e del precariato”.
 
Dovrebbero leggerlo i politici, specie quelli del Sud (l’azione si svolge a Napoli) per capire cosa c’è dietro i loro miserabili slogan urlati: allo sbaraglio 2-3 generazioni, milioni di “bamboccioni”, ma non per scelta, di nerd loro malgrado, a cui oggi si nega un reddito decente, umano, almeno da “milleuristi”, e domani una misera pensione. Come averle portate sul ciglio del burrone e averle spinte sotto (“un trentenne laureato che aveva conosciuto solo stipendi da call center e da commesso in libreria nel periodo natalizio… dopo tre anni di fotocopie il mio rimborso spese era di cento euro al mese”).
 
Ma non lo faranno, finché non saranno travolti da chi ha “il posto fisso a seicento euro al mese”. Ogni “patto sociale” è saltato, l’ascensore si è rotto, la ricchezza sociale è intercettata e rapinata da pochi, dalle èlite, il solidarismo cattolico e il welfare non funzionano, e mentre si annunciano provvedimenti lesivi della dignità, elemosine, ai tanti si negano anche le briciole, il diritto di esistere, di dare qualcosa: sono come ombre, fantasmi (“disperato per l’assenza di prospettive economiche e professionali”).
 
Se con un minimo di approccio epistemologico scannerizziamo, anche superficialmente, sotto l’aspetto  sociologico e antropologico, questo diario aspro, crudo, iperrealistico, post-bellico, che richiama un po’ gli anonimi cinesi e un po’ Apollinaire e Bukowski, troveremo svelato un mondo retto dalle apparenze, dalla doppia morale, dalla dissociazione schizofrenica dell’essere e dell’apparire: uno stereotipo della modernità. Il borghese tutto casa, chiesa e studio professionale e il ragazzo-bene in cerca di emozioni forti, ma “la rosa della clientela è diversificata per estrazione sociale, età, stato civile, professione, orientamento sessuale… scoprire che è un prete, un professore della mia università… Molto spesso si paga per solitudine, non solo per foga”.  Tutta colpa del “sexual fluidity”.
 
Siamo tutti - dice l’io narrante, “escort”, “ragazzo di vita”, “bello di giorno” - Dr. Jackyll e Mr. Hyde. Ma le patologie e perversioni non le legittimiamo, non le vediamo come tali, ma piuttosto come stranezze, diversivi, giochi per bambini mai cresciuti eterni Peter Pan.
 
Un altro aspetto che sconvolge è la gestione scientifica della prostituzione (“missione”) come un business (“per soldi sono poche le cose che non farei… mai offrire la prestazione gratis…”), con le ferree leggi del marketing, indagini di mercato e annunci ben pensati, anche “nel cesso di qualche stazione”, slogan e data base. Il protagonista è laureato in Giurisprudenza (“una laurea che è servita soltanto  a farmi sbattere in faccia un numero illimitato di porte”), ma potrebbe dare master in economia e finanza.
 
Un’autobiografia dagli accenti pasoliniani, balzacchiana, da commedia umana, “Non sarebbe stata l’idea di prostituirmi a privarmi della dignità…” del XXI secolo nel cuore dell’Occidente ormai privo di luce e di energia, alle prese con una cupio dissolvi esponenziale. “Quello che ho non me l’ha portato il vento ma il lavoro”.

Il libro (più vero di mille tomi sociologici) è per un pubblico adulto e vaccinato.

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